Il Papillomavirus è responsabile ogni anno di circa 6.500 tumori in entrambi i sessi, oltre a 15mila lesioni anogenitali di alto grado nella donne, a e più di 80mila casi di condilomi genitali. Come ricorda il Corriere della Sera, è la prima causa di carcinoma alla cervice uterina, il cancro all’utero, che fortunatamente oggi è fra i meno letali in assoluto. Gli esperti hanno anche dimostrato una correlazione fra l’HPV, appunto il Papillomavirus, e i tumori che colpiscono vagina, ano, pene, bocca e vulva. Ecco perchè i medici consigliamo fortemente di vaccinarsi contro questo tipo di virus, ma in Italia sono in pochi a sfruttare questa opportunità. Un problema sanitario non da poco tenendo conto che nei Paesi dove il vaccino è molto diffuso, le lesioni precancerose sono praticamente scomparse. Altra cosa importante riguarda il fatto che oggi traggono beneficio non soltanto coloro che non ha mai preso il Papillomavirus, ma anche quegli adulti o quei giovani che l’hanno già contratto, potenziando la loro risposta immunitaria. «Le attuali evidenze scientifiche dimostrano che i benefici diretti e indiretti della vaccinazione anti Hpv sono molto significativi anche nelle fasce di età superiori a quelle identificate nei programmi vaccinali gratuiti, cioè gli adolescenti d’età compresa tra 11 e 12 anni – sono le parole di Massimo Origoni, responsabile del Centro Diagnostico Oncologico Ginecologico dell’IRCCS San Raffaele -. I risultati di una sperimentazione internazionale, a cui ha partecipato anche l’Italian HPV Study Group, indicano che i livelli anticorpali ottenuti dopo vaccinazione in soggetti tra i 26 e i 45 anni sono sovrapponibili a quelli dei teenager. Quindi l’efficacia del vaccino è indiscutibile anche in persone che sono già venute in contatto, attraverso l’attività sessuale, con il virus».



Saverio Cinieri, presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica, aggiunge: «L’Hpv è un virus che provoca un’infezione molto frequente. I Papillomavirus umani (ne esistono oltre 200 varianti, alcune sono più pericolose di altre) si trasmettono prevalentemente per via sessualee colpiscono sia gli uomini che le donne. L’infezione si trasmette tramite i rapporti, soprattutto vaginali o anali, con partner portatori del virus: il rischio di contrarla inizia dunque con l’attività sessuale e cresce con l’aumentare del numero dei partner. L’uso del profilattico durante il rapporto può ridurre il rischio di contagio, ma non eliminarlo del tutto: il virus può trasmettersi con il contatto tra mucose. Ecco perché per rendere i ragazzi immuni è stata scelta la soglia dei 12 anni, prima che inizino ad avere rapporti. Attraverso “l’effetto gregge” (ovvero coinvolgendo entrambi i sessi) – prosegue l’esperto – si accelerano i tempi per controllare la diffusione del virus perché i maschi, non immunizzati, continuano a diffonderlo anche fra le femmine. Poi non bisogna dimenticare che così si possono proteggere i ragazzi dai condilomi ano-genitali e dai tumori legati ad Hpv che colpiscono anche negli uomini (ad esempio quelli del cavo orale sono in aumento)».



PAPILLOMAVIRUS, IL COMMENTO DEGLI ESPERTI

Origoni aggiunge: «L’immunizzazione è raccomandata e gratuita per maschi e femmine che hanno compiuto 11 anni ed è importante ricordare che si ritiene che vaccinare i maschi comporterà (una volta ottenuta una copertura vaccinale della popolazione adeguata) un’ulteriore riduzione dei tumori femminile da Hpv del 40%. Inoltre il vaccino nonavalente è risultato protettivo (anche per chi, ha un’età fino ai 45 anni e ha avuto già rapporti sessuali) nei confronti di tutte le condizione patologiche maschili e femminili conseguenti all’infezione da Hpv, sia benigne che neoplastiche: condilomi genitali, malattie pre-cancerose delle mucose genitali e tumori maligni (vulva, vagina, cervice uterina, pene, ano). Infine, un aspetto emergente è la protezione vaccinale nei confronti dei tumori da Hpv del cavo orale, che sono in costante crescita in tutti i paesi occidentali e che si ritiene supereranno tra pochi anni quelli genitali. Negli ultimi anni sono stati pubblicati interessanti risultati di studi in cui si dimostra che in donne sottoposte a chirurgia per lesioni pretumorali del collo dell’utero (come CIN2 e CIN3, generalmente trattate con conizzazione) il vaccino anti-Hpv, eseguito dopo l’intervento, riduce di circa il 50% le recidive. Funziona, quindi, come prevenzione nei confronti di reinfezioni o di persistenza del virus, che è il pericolo principale per questa categoria di pazienti».



Cinieri ricorda comunque come la vaccinazione contro il Papillomavirus, non significhi eliminare la prevenzione secondaria: «Le donne vaccinate devono assolutamente proseguire lo screening cervicale secondo le modalità indicate dalle linee guida internazionali. Ovvero: Pap test ogni 3 anni dai 25 ai 30 anni e, dopo quest’età, Hpc-DNA test ogni 5 anni, che identificherà l’eventuale presenza del virus e quindi di possibili lesioni precancerose insorte nonostante la vaccinazione». Il Papillomavirus è un virus molto frequente che si calcola che venga preso da quasi tutti almeno una nella vita. In generale si risolve da solo e non provoca alcuna alterazione ma in una minoranza dei casi può portare a delle lesioni. Nei casi più gravi, come detto sopra, può portare al tumore. Per curare le infezioni non esistono farmaci.