Il Paraguay è orientato verso il rifiuto dei fondi da 38 milioni di euro provenienti dall’Europa per il settore dell’istruzione. La Camera dei deputati, come riportato da La Verità, ha approvato a larga maggioranza, nonostante la contrarietà del Senato, un progetto di legge che mira a sottrarsi da un accordo di cooperazione con Bruxelles, sospettata di voler imporre i temi dell’Agenda 2030.



Il dietrofront è scaturito dal fatto che alcuni deputati conservatori credono che dei libri di testo proposti dall’Ue contengano dei passaggi in linea con l’ideologia di genere. Essi sono stati ritirati, ma i funzionari di Bruxelles negano che sia stata tentata una qualche interferenza sul sistema educativo del Paese. I rapporti ormai sembrerebbero essere compromessi. La bocciatura della Camera bassa, con 68 voti a favore, 6 contrari e un astenuto, è stato soltanto l’apice della querelle. Già in autunno c’erano state infatti molte proteste. La parola ora spetta alla Camera alta, che se vorrà ribaltare il voto dei deputati, dovrà ottenere la maggioranza dei due terzi.



Paraguay rifiuta fondi europei per l’istruzione: la questione gender e la posizione di Bruxelles

I partiti conservatori in Paraguay continuano dunque a tenere banco, al punto che sono riusciti ad ottenere l’ok per il rifiuto dei fondi europei per il settore dell’istruzione. Pare che nelle casse del Paese non entreranno dunque i 38 milioni di euro previsti dall’accordo di cooperazione con Bruxelles. I pareri contro “l’ingerenza straniera”, “il denaro in cambio della trasformazione educativa” e l’adeguamento “all’Agenda 2030 e all’ideologia di genere” sono stati piuttosto netti e la sensazione è che difficilmente si tornerà indietro.



L’accordo internazionale dovrà comunque essere rimesso al futuro presidente Santiago Pena, economista di 44 anni, che entrerà in carica martedì prossimo. Quest’ultimo, nell’attesa, si è espresso anche sul tema green in relazione con l’Ue. Secondo il governatore i Paesi del Mercosur (Paraguay, Brasile, Argentina e Uruguay) dovrebbero fermare i colloqui con Bruxelles sul libero scambio perché “le attuali richieste sull’ambiente sono inaccettabili”.