“Si temeva che annunciasse una nuova mobilitazione e, invece, non lo ha detto”. Il discorso di Putin in occasione della festa per celebrare la vittoria sui nazisti non ha previsto, almeno in questo senso, un’escalation della guerra. Ma le parole del leader russo, quest’anno meno attese rispetto all’anno scorso, ribadiscono una contrapposizione tra Mosca e l’Occidente che apre lo scenario di una nuova “Guerra fredda”.



Stefano Caprio, sacerdote in rito bizantino residente in Russia dal 1989 al 2002, docente di patrologia e teologia e autore di numerosi studi dedicati al rapporto tra potere e ortodossia, spiega così l’attesa uscita pubblica del capo del Cremlino, che ha recitato la parte dell’uomo solo contro tutti.

Cosa ci dicono le parole di Putin sul futuro del conflitto?



Non ha dato nuove prospettive di guerra, ha solo detto di difendere il Donbass, ribadendo che “è stata scatenata una guerra mondiale contro di noi” e che la Russia è impegnata contro il terrorismo internazionale. Niente di speciale, se non che ha specificato, in seguito, che non esistono popoli nemici per la Russia, né a Oriente, né a Occidente e che tutte le aggressioni alla Russia vengono dalle élites globaliste. È un modo per dire: “Difendiamo il Donbass ma in pratica difendiamo tutti i popoli del mondo”.

C’è comunque questa perdurante accusa all’Occidente di aver dimenticato chi ha sconfitto i nazisti, mentre la Russia è rimasta fedele alle conquiste della Grande guerra patriottica. Cosa significa questo richiamo?



Ha citato la frase del maresciallo Zukhov, entrato a Berlino nel 1945, che disse: “Noi li abbiamo liberati e questo non ce lo perdoneranno mai”. È una retorica non nuova, che attribuisce all’Unione Sovietica l’unico vero merito di aver sconfitto il nazismo. Per questo festeggiano il 9 maggio invece dell’8, perché è la loro data.

È come se chiedesse all’Occidente: ma perché non siete dalla nostra parte?

Sì, ma qui Putin non si rivolge tanto l’Occidente, quanto alle élite globaliste: “La gente normale – dice – sa che siamo noi i campioni della libertà, ma le élites globaliste la tengono sotto scacco indicandoci come il nemico, mentre questo è il metro del nazismo”. E’ il modo per dire: “Siamo soli contro tutti, ma gli uomini di buona volontà sanno che abbiamo ragione noi”.

Le élite globaliste chi sono?

Non lo precisano mai, dicono gli anglosassoni, gli Usa, il potere economico, il potere ideologico, anche l’Europa. Poi però Putin specifica che non ci sono popoli nemici, neanche nell’Occidente. Quindi non solo tra i Paesi più o meno schierati con la Russia, dalla Cina al Sudamerica, all’Africa, ma anche nei Paesi occidentali la gente è “dalla nostra parte”. Per loro conta molto la propaganda dell’ideologia putinista tra gli occidentali.

È retorica per ricompattare la nazione o la Russia si sente veramente da sola e accerchiata?

È sicuramente molto a uso interno: i russi, che magari non sono molto favorevoli alla guerra in sé e per sé, però si esaltano quando si sentono soli contro tutti. L’idea di essere “il popolo che ha la verità” sta nel Dna dei russi. Molti sono contro la guerra, ma non sono a favore degli americani. Un atteggiamento che esiste anche da noi, ma che fa molto parte della psicologia dei russi.

In questa linea si spiega perché è l’Occidente che “provoca conflitti sanguinosi”, che vuole “dettare le regole a tutte le nazioni”?

È una linea un po’ apocalittica, quella tipicamente russa dello scontro di civiltà: “La vera civiltà è quella che proponiamo noi, loro vogliono un civiltà globalista e immorale, senza i valori tradizionali”. Poi Putin ha sottolineato la lotta dei russi contro il terrorismo internazionale, che negli anni passati richiamava a una unità di intenti, anche con l’Occidente, contro il terrorismo arabo.

Si riferisce anche agli attentati che ci sono stati in Russia dall’inizio della guerra?

Chiaramente si riferisce anche a quello, ma il terrorismo è una definizione di tutto il mondo contro la Russia, per questo parla di russofobia, di chi fomenta atti violenti contro la Russia. Per loro terrorismo è diventato anche una definizione del mondo occidentale.

Quindi quando parla di terrorismo Putin intende l’Occidente?

Intende anche l’Occidente in quanto è russofobico. E l’Ucraina è ormai ostaggio dell’Occidente.

La pace è ancora possibile oppure si continuerà con una contrapposizione netta?

Il discorso suggerisce più la prospettiva di una nuova “Guerra fredda”. Se anche si arriva almeno a un cessate il fuoco rimangono motivi così profondi di ostilità che difficilmente ci si potrà dire in pace. Nello scenario prefigurato ci sono le alleanze internazionali, con la libertà economica da una parte e dall’altra, e situazioni di ostilità, anche bellica, continue, un po’ come tra Israele e Palestina. Anche tra Russia e Ucraina.

La prospettiva non è quella della pace, ma nel momento in cui Putin dice che la Russia non ha nemici si potrebbe pensare che qualche spiraglio c’è?

Dopo la Seconda guerra mondiale abbiamo avuto quasi 80 anni di pace, però con una “Guerra fredda” che si basava sull’equilibrio delle armi e sull’ostilità ideologica. Sembra che la Russia putinista voglia ricreare quel quadro. Poi bisogna vedere se l’Occidente esprimerà un’altrettanto forte contrapposizione ideologica, come fanno, al di là degli americani, gli ucraini, che ora sono i più scatenati contro i russi, o i polacchi. O se invece l’Occidente deciderà di attenuarla.

In questo contesto l’Occidente cosa potrebbe fare?

Deve definire un po’ la propria identità. Prima c’erano l’Occidente da una parte e l’Unione Sovietica dall’altra, anche la Chiesa cattolica si era forzatamente dichiarata con l’Occidente. Ora invece l’Occidente cerca di sfuggire a questo tipo di schema, anche cadendo a volte in contraddizioni. Non credo però che in Occidente ci sia una volontà univoca di creare un fronte ideologico contro la Russia.

Quindi dovrebbe trovare un modo per riallacciare un dialogo?

Sì, ma se la Russia si mette così, aggressiva contro tutti, più che altro si cercherà di isolarla e di metterla in secondo piano, perché se mai la vera contrapposizione è tra l’America e la Cina. In fondo la Russia in questi trent’anni era stata messa un po’ da parte. Che è quello che ha suscitato il risentimento della Russia stessa.

Putin parla di Occidente in generale, ma l’Europa in particolare può avere un ruolo?

Parla di Occidente globale in cui c’è l’Europa, che si è lasciata completamente soggiogare dall’America. Poi bisognerà vedere: l’Ungheria sembra ancora dalla parte russa, anche la Slovacchia pare che viri piuttosto dalla parte filorussa. Quando Putin si appella ai popoli che non sono nemici intende anche in Europa.

Il discorso del leader russo comunque è quello di una persona che in questo momento si sente forte?

Si sente esaltato dall’idea di essere da solo contro tutti. Però è molto isolato.

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