Il Parlamento europeo è destinato a virare con decisione a destra, con conseguenze inevitabili sulla legislazione dell’Ue in alcuni settori chiave, dall’ambiente fino all’immigrazione. Le nuove previsioni sono state realizzate da Simon Hix (titolare della cattedra Stein Rokkan di politica comparata all’Istituto universitario europeo di Firenze) e il politologo e sondaggista Kevin Cunningham, tramite uno studio commissionato dall’European Council on Foreign Relations. Partendo dagli ultimi sondaggi, ed elaborandoli usando un modello statistico che tiene conto dei precedenti risultati dei partiti nazionali alle Europee, i due autori hanno disegnato la mappa del voto di giugno e una proiezione del futuro emiciclo di Strasburgo.
Il quadro suona come una «sveglia» per i partiti tradizionali, visto che i partiti populisti e anti-sistema, nella maggior parte dei casi di destra, sono primi in nove Paesi, tra cui quattro fondatori della comunità europea, cioè Francia, Italia, Olanda, Belgio, Austria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia e Ungheria. Invece, sono secondi o terzi in altri nove, e questo è il caso ad esempio di Germania, Spagna e Svezia. Si tratta di partiti che attualmente fanno parte dei gruppi parlamentari europei Identità e democrazia (ID), come il Rassemblement National (RN) di Marine Le Pen o l’italiana Lega; Conservatori e riformisti (ECR), come Fratelli d’Italia o i polacchi di Legge e giustizia. Ma ci sono anche non iscritti a nessun gruppo, come Fidesz, il partito del premier ungherese Viktor Orban.
POSSIBILE MAGGIORANZA ALTERNATIVA AL PARLAMENTO UE
Alla luce di queste previsioni, il nuovo Parlamento Ue vedrebbe Popolari, Socialisti e Liberali di Renew perdere deputati. A guadagnarne i due gruppi a destra del Ppe, soprattutto per le performance di spicco di RN in Francia, passando da 18 a 30 seggi, mentre AfD in Germania salirebbe da 9 a 20, Fratelli d’Italia da 10 a 27, il Pvv di Wilders in Olanda da 0 a 10. I primi due gruppi resterebbero Popolari e Socialisti, ma con meno seggi sui 720 del nuovo emiciclo (cioè rispettivamente 173 e 131). Al terzo posto potrebbe salire Identità e democrazia con 98 (+40 rispetto al 2019), davanti a Liberali (86) e Conservatori e riformisti (85, +18 sul 2019), che diventerebbero terzi, spiega il Sole 24 Ore, se nel loro gruppo dovesse confluire anche il partito di Orban.
Quindi, l’attuale “maggioranza Ursula” formata da Popolari, Socialisti e Liberali potrebbe reggere, ma sarebbe ridotta al 54% dei deputati contro l’attuale 60%. Però per la prima volta emerge l‘ipotesi di una maggioranza alternativa di destra, con Ppe, ID e ECR e il sostegno di qualche deputato non iscritto. Secondo gli autori dello studio, la conseguenza più importante è che il 54% dei voti non è una maggioranza tale da garantire l’approvazione di tutte le misure in agenda. Per Simon Hix «in un contesto di populismo esasperato, i partiti del mainstream politico devono svegliarsi e fare un bilancio chiaro delle richieste degli elettori».