I caseifici della filiera del Parmigiano Reggiano Dop non potranno produrre formaggi similari o comparabili. La proposta è arrivata lo scorso maggio, in occasione dell’Assemblea dei consorziati, che l’hanno approvata a larga maggioranza: ben il 95% ha espresso parere positivo. Il Cda ha dunque ora il compito di definire una proposta di modifica dello Statuto, che verrà presentata il prossimo ottobre. Abbiamo chiesto a Riccardo Deserti, direttore generale del Consorzio, quali ragioni abbiano portato alla decisione. Ecco cosa ci ha spiegato.
Quali le ragioni dietro alla proposta di impedire ai caseifici della filiera Dop di produrre formaggi similari o comparabili?
Occorre innanzitutto capire il contesto in cui è avvenuta. Nel corso dell’assemblea dello scorso 15 dicembre, è stato studiato il nuovo Piano di regolazione dell’offerta, ora in fase di approvazione al ministero. La proposta per il 2023-2025, però, prevede l’adozione di criteri abbastanza rigidi per stabilizzare l’offerta. O meglio, per evitare, in questo periodo, aumenti produttivi che, secondo le nostre previsioni, potrebbero essere problematici nel mantenimento di una situazione di equilibrio, e quindi di redditività della filiera. Di fronte a un piano produttivo più stringente, abbiamo ritenuto importante intervenire per contrastare il rischio che nei caseifici del Parmigiano Reggiano avvenga quello che è successo in passato tra i consorziati del Grana Padano: che tra i produttori della Dop aumenti l’utilizzo di latte, prima destinato al prodotto certificato, per realizzare formaggi similari e concorrenti.
Dunque la proposta nel corso dell’assemblea di maggio…
A seguito della delibera di dicembre, il Cda ha chiesto all’Assemblea dei soci un mandato esecutivo per modificare lo Statuto e introdurre, di fatto, il divieto di produrre formaggi similari nei caseifici della filiera. Abbiamo ottenuto la delega a grandissima maggioranza: il 95% dei soci. L’operazione non è banale perché implica chiarire cosa sono i formaggi comparabili e sostitutivi. Stiamo dunque predisponendo tecnicamente le proposte che porteranno alla vera modifica dello Statuto, che sarà discussa a ottobre.
Quali sono i formaggi definibili come “comparabili”?
Sono formaggi “comparabili” o “confondibili” quelli che, agli occhi dei consumatori, rappresentano un’alternativa al Parmigiano Reggiano. Quindi è sicuramente comparabile e confondibile un formaggio stagionabile e grattugiabile, fatto con lo stesso latte. Per non essere considerato “comparabile”, un prodotto deve avere una consistenza tale da non poter essere grattugiabile, in primis, e delle caratteristiche che non lo rendano stagionabile.
Quanto ha pesato la vicenda Bertinelli-Report?
La questione emersa con Report è successiva alla delibera dell’Assemblea di dicembre. E ha avuto esclusivamente una valenza interpretativa per aspetti che riguardano i soli amministratori. Aspetti che sono stati chiariti internamente. È stata sicuramente oggetto di dibattito, ma la nostra proposta intende guardare a tutta la produzione e non soltanto agli amministratori.
Quanti tra i caseifici della filiera producono al momento anche formaggi similari?
Va chiarito che di vere e proprie produzioni “alternative” ce ne sono veramente poche. Sono meno di una decina i caseifici che hanno provato a investire su questo tipo di attività. Va detto inoltre che la produzione di un formaggio comparabile si lega anche a situazioni non prevedibili legate a errori di produzione. Con questa modifica vogliamo che, quei formaggi, derivanti da errori di produzione, non siano comparabili al Parmigiano Reggiano. Non potranno, per esempio, essere stagionati o stagionabili.
A quanto è stimata la produzione di similari?
Abbiamo valutato indirettamente che, nel 2021, sull’intera produzione di Parmigiano Reggiano – 4 milioni e 100mila forme – questi prodotti non erano più dello 0,5%, circa 20mila forme. Attualmente dunque è un fenomeno contenuto.
(Elisa Tonussi)
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