Parthenope è una bimba napoletana, cresciuta nella media borghesia napoletana, a picco sul mare. Accanto a lui il fratello Armando, un ragazzo fragile, sempre in cerca di se stesso. E Sandrino, una sorta di alter ego del regista Sorrentino, innamorato perso di questa irraggiungibile bellezza eterea. La loro spensieratezza, verso la fine degli anni Sessanta, si perde rapidamente tra le delusioni d’amore, i sogni infranti e le scelte difficili o sbagliate che lastricano la vita di ognuno di noi. Inconfondibilmente Sorrentino.



Partenope, dea protettrice di Napoli, secondo la mitologia classica era una delle tre meravigliose sirene finite in mare per la disperazione e trasformate in scogli. Il corpo di Partenope, racconta il mito, sarebbe arrivato fino a Napoli, nel posto in cui oggi si trova Castel dell’Ovo. Parthenope, nel film, è l’ammaliante giovane bellezza che rapisce l’amore di chiunque la incontri. Ha il volto e il corpo sinuoso di Celeste Dalla Porta, alla sua prima prova cinematografica. Sguardo nel vuoto, sensualità, ingenuità, provocazione convivono nella mente confusa di questa giovane incantevole creatura, attorniata da uomini predatori e romantici sogni d’amore.



Parthenope è bellezza spaesata, ricerca di sé, desiderio di eterna giovinezza. È rimpianto, nostalgia, contraddizione. È tormento, sperimentazione, voglia di vivere e paura della morte, che le scorre accanto. Parthenope è eterea e concreta. Folle e spiazzante. Attorno a lei ruotano le vite di chi l’ha conosciuta da tempo, e non la dimentica, e da chi ne rimane infatuato al primo sguardo. Sorrentino la racconta come una dea tra gli umani, in cerca di un posto dove esistere e trovare felicità.

In questo racconto sospeso tra il carnale e l’ideale, tra il reale e l’immaginario, tra il passato e il futuro, scorrono copiose le domande sulla vita che trovano risposta puntuale nelle frasi ad effetto di Parthenope, curiosa di umanità, che ha parole per tutto e per tutti. E che sembra parlare per aforismi.



Il primo di questi, in ordine di apparizione, compare in copertina, a svelare il piano di una storia di ricerca: “Certo che è enorme la vita. Ti perdi dappertutto”. Un film sfuggente, a tratti, nel suo flusso di coscienza che ritrae paure e ricordi del regista che porta Napoli nel cuore. Città dove è nato e dove torna per la seconda volta di seguito, con un grande carico di rimpianti e nostalgie, dopo la fuga nel mondo planetario del cinema d’autore.

Parthenope è un viaggio nel cielo dei sogni, un tuffo nel mare delle sensazioni e un grido tra le vie di una Napoli decadente, una grande bellezza grottesca di macchiette vomitevoli, dispregio di chi sedotto un tempo l’ha poi abbandonata.

Un po’ Youth – La giovinezza, un po’ La grande bellezza, un po’ È stata la mano di Dio. Un po’ capolavoro e un po’ fallimento. Un po’ farsa, un po’ tragedia. Parthenope è contraddittorio, controverso, confuso. Un po’ come Napoli.

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