Mancano solamente più pochi giorni al lancio ufficiale del tool con cui tutte le partite Iva italiane potranno calcolare la spesa che dovranno affrontare per aderire all’atteso Concordato preventivo biennale: una questione cruciale per il Governo, che ha legato al nuovo istituto riformato buona parte dei fondi necessari per la riforma fiscale. In ballo ci sarebbe il taglio delle aliquote fortemente voluto da Maurizio Leo, ma anche probabilmente la conferma del taglio al cuneo fiscale, con alcune stime ufficiali (e torniamo alle parole del viceministro Leo) che ipotizzano introiti per circa 2 miliardi di euro dalle sole partite Iva che aderiranno al Concordato.
E proprio in questo contesto di grande attesa, solamente pochi giorni fa il ministero dell’Economia ha pubblicato gli ultimi dati aggiornati – di cui vi abbiamo già in parte parlato su queste stesse pagine, ma da un punto di vista diverso da oggi – sulla condizione fiscale italiana che aprono le porte a diverse riflessioni sul Concordato preventivo. Guardando infatti ai dati sulle pagelle fiscali, solamente il 44,1% delle partite Iva raggiungono una valutazione ‘Isa’ superiore all’8 considerato come la sufficienza: in altre parole il 55,9% dei contribuenti sono – almeno teoricamente – a rischio evasione fiscale, cresciuti dello 0,5% rispetto all’anno precedente.
Partite Iva e rischio evasione fiscale: le regioni e le province peggiori
Confermando poi una tendenza che si rileva spesso in classifiche ed analisi simili a questa, emerge chiaramente che nel Sud del paese il numero di partite Iva ‘inaffidabili’ e a rischio evasione fiscale sale al 58% dei contribuenti autonomi totali. La temuta maglia nera spetta a Molise, Basilicata e Calabria dove si raggiunge in media il 60%, con i risultati peggiori tra Isernia (62,9), Taranto (62,6) e Nuoro (62,4); ma d’altra parte neppure nelle regioni e province più virtuose la situazione migliora drasticamente, perché la top tre – Trento, Lecco e Belluno – non riesce comunque a raggiungere il 50% di partite Iva affidabili.
Singolare, ma sempre collegato al Concordato preventivo, il fatto che dai contribuenti ‘affidabili’ a quelli ‘inaffidabili’ passa una differenza di reddito (si intenda: quello dichiarato) del 71,6% con le partite Iva sotto l’otto Isa con una media di 22mila euro e i virtuosi che arrivano addirittura a più di 78mila.
L’analisi di Padula: “Con le partite Iva inaffidabili il Concordato preventivo rischia il flop”
A fare un po’ di luce su come questi dati sulle partite Iva siano significativi ai fini del Concordato preventivo è l’ex vicedirettore del Sole 24 ore Salvatore Padula sulle pagine dello stesso giornale, partendo da una fondamentale domanda: a chi converrebbe veramente stipulare l’accordo che chiede di versare un’imposta fissa in cambio di un azzeramento dei controlli fiscali per due anni. Per i contribuenti fedeli sarebbe utile solo nel caso in cui prevedano “nel biennio 2024/25 un incremento del proprio business“; ma un discorso del tutto diverso vale per le partite Iva a rischio evasione.
Infatti, a fronte di una proposta eccessivamente alta da parte del Fisco “appare piuttosto scontato prevedere che non ci sarà nessuna corsa ad accettare” con la certezza matematica che “più le richieste saranno elevate, più è probabile che l’istituto si rivelerà un flop“; ma dall’altra parte se le richieste saranno troppo modeste “potrebbe vanificare l’obiettivo di una raccolta abbondante in termini di maggiori entrate e potrebbe sfumare la possibilità di trovare nuove risorse da destinare alla riforma”. Insomma, un bivio non da poco e sul quale si giocherà – alle e sulle spalle delle partite Iva – l’interezza della futura riforma fiscale.