Presto potrebbe arrivare un’importante novità per le partite Iva, che vedranno ampliati i criteri per accedere all’istituto del concordato biennale preventivo. L’indiscrezione arriva da una recente relazione tecnica del Senato trasmessa al Parlamento e alla Ragioneria di Stato che nei prossimi giorni la vaglieranno attentamente e decideranno se seguire i ‘consigli’ dei senatori, oppure se ignorarli e procedere per un’altra strada.



Parlando del concordato biennale preventivo, si intende quel meccanismo che permette alle partite Iva di stipulare una sorta di ‘patto’ con l’Agenzia delle Entrate. Quest’ultima, infatti, accetta di evitare per due anni accertamenti fiscali di qualsiasi tipo in cambio di un versamento di tasse concordato in base ai fatturati attesti, stimati in base a quelli dell’anno precedente. L’Agenzia, così, chiede di versare la stessa cifra dell’anno precedente, più una maggiorazione variabile. Con le proposte del Senato, invece, si andrebbe ad aumentare la platea di patite Iva che possono beneficiare del concordato preventivo, fissando, sempre ipoteticamente, anche un limite massimo ai versamenti delle eccedenze che l’Agenzia può richiedere.



Concordato biennale preventivo: cosa potrebbe cambiare per le partite Iva

Se il Parlamento dovesse accettare le proposte del Senato sul concordato preventivo per le partite Iva, la platea di potenziali beneficiari si allargherebbe di circa 800mila contribuenti. Il suggerimento principale, infatti, è quello di eliminare dai vincoli per accedere all’istituto la votazione negli Isa, ovvero gli indicatori sintetici di affidabilità fiscale, ora limitato ad un voto di ‘8’. Rimarrebbe, invece, attivo il vincolo di non avere alcun tipo di pendenza con il Fisco, mezzo che si rivelerebbe utile per recuperare anche circa 12 miliardi di euro dichiarati e non versati.



Secondariamente, il Senato sull’istituto del concordato preventivo per le partite Iva suggerisce di fissare un limite alle tasse eccedenti richieste dall’Agenzia. L’ipotesi è quella del 10%, che per i contribuenti significherebbe un aumento quasi irrisorio dei costi, rendendo l’istituto del concordato decisamente vantaggioso per i contribuenti. Rimane nelle mani dell’Agenzia, sottolinea il Senato, “la facoltà di una proposta difforme a tale limite motivata e sottoposta a contraddittorio con il contribuente”. Infine, l’ultimo suggerimento sul concordato preventivo è quello di avviare una fase sperimentale di un anno per le partite Iva in regime forfettario, permettendo anche l’invio del modello di adesione all’istituto assieme alla dichiarazione dei redditi.