Negli Stati Uniti, la FDA (ovvero l’ente regolatorio sulla circolazione dei fermaci) ha ritirato dal mercato un farmaco contro il parto prematuro. Si tratta del Makena, sviluppato dall’americana Kv pharmaceutical company, ed approvato con iter accelerato, nonostante fin dai primissimi risultati era evidente che i vantaggi fossero inferiori alle controindicazioni, tra cui il possibile aumento dei tumori nelle madri e nei feti.



Si trattava, concretamente, dell’unico farmaco disponibile approvato per la prevenzione del parto prematgravidanzauro, e sulla carta avrebbe rappresentato un notevole passo avanti nella sanità americana. I parti prematuri, infatti, sono la prima causa di morte neonatale in America e colpiscono mediamente il 10% delle gravidanze (in Italia, invece, si tratta del 6,9% dei casi). Tra chi sopravvive, comunque, si registrano numerosi altri problemi, che vanno delle infezioni, fino alle emorragie cerebrali, ai problemi respiratori e di deglutizione. Il farmaco approvato contro il parto prematuro era già utilizzato da anni in altri trattamenti, e l’approvazione per questa patologia sarebbe arrivato nel 2011, per invertire la tendenza dei decessi.



Parto prematuro: l’iter del farmaco che causa tumori

Insomma, se il farmaco contro il parto prematuro fosse stato efficiente, sicuramente avrebbe rappresentato un notevole passo avanti, ma purtroppo così non è stato. Basato sull’ormone sintetico 17-alfa idrossiprogesterone caproato, venne sottoposto ad iter accelerato proprio in virtù dell’altissima incidenza di questa problematica tre le donne in gravidanza, nonostante vi fossero chiare controindicazioni.

Distribuito già dagli anni ’50, il farmaco poi usato per il parto prematuro serviva contro una serie di condizioni ginecologiche ed ostetriche. Nel 2003 uno studio evidenziò come il suo uso riduceva anche i parti prematuri, senza però indagare se avesse effetti anche sui decessi o sui casi di disabilità. Dal 2009 al 2018 la FDA condusse i suoi studi, appurando i benefici, pur sottolineando come causasse diabete, depressione, coaguli di sangue ed un aumento dei decessi (non statistico). Approvato per il parto prematuro, dunque, è stato distribuito, portando nel 2021 la ricercatrice Barbara Cohn a condurre un suo studio, appurando la correlazione con un aumento dei tumori nei feti, spingendo infine la FDA a ritirarlo dal mercato, ma solamente due anni dopo.