IL RAPPORTO “COMPLESSO” TRA PIER PAOLO PASOLINI E LA CHIESA CATTOLICA

Spesso si è eccessivamente “dicotomisti” a riguardo di Pier Paolo Pasolini, specie nel mondo cattolico: lo si detesta, attaccandone le opere alle volte “scandalose”, non condividendo le inclinazioni personali e intime; oppure lo si adora, considerando il film “Il Vangelo secondo Matteo” uno dei capolavoro della filmografia cristiana. La verità (e spesso anche l’intelligenza) sta però spesso nel mezzo e così da decenni per fortuna si è tornati a considerare anche nel mondo cattolico il pensiero e le opere di Pasolini, non per forza condividendo sempre tutto ma ammirando la grande forza culturale, intellettuale e anti-conformista di “PPP”.



Nasce da questo impulso la grande attenzione (anche nel recente passato) al pensiero pasoliniano mossa da eminenti figure cattoliche – come Don Luigi Giussani con CL, o il Cardinal Ravasi: nasce così dall’interesse di comprendere a fondo il rapporto tra cattolicesimo e autore emiliano il convegno “Pasolini Passione e Passioni”, organizzato a Rieti lo scorso 28 aprile. È intervenuto monsignor Dario Edoardo Viganò, critico cinematografico e teorico della comunicazione: «Il Vangelo secondo Matteo: un film cattolico?” Ma qual è la ragione del punto interrogativo che chiude il titolo?». Qui il prelato racconta da vicino – secondo quanto riportato da Vatican News – la riscoperta del progetto di un film a cavallo tra le pellicole di Pasolini dedicate al tema della Passione di Gesù, l’episodio “La ricotta” tratto da Ro.Go.Pa.G. , (1963) e “Il Vangelo secondo Matteo” (1964).



MONS. DARIO VIGANÒ: “PASOLINI E LA CHIESA AVEVANO BISOGNO L’UNO DELL’ALTRO”

«Si trattava di un progetto, ideologicamente polemico con la Chiesa, che in quel momento Pasolini aveva già ideato e al quale stava lavorando, dal titolo “Le cronache di S. Matteo” (lo stesso titolo del film immaginario che Orson Welles gira ne La ricotta). Nel giro di pochi mesi, abbandonata quell’impostazione, girò invece Il Vangelo secondo Matteo, che gli procurò il Premio cattolico OCIC alla Mostra di Venezia»: così Mons. Viganò illustra la “tensione” giocata in quegli anni tra la Chiesa e il geniale autore, poeta e regista. Vien difficile da pensare come sia stato possibile passare dal rischio “vilipendio” alle sperticate ammirazioni di molti cattolici per il film sul Vangelo di Matteo.

È ancora Mons. Viganò a provare a spiegare i perché di questa particolare “incoerenza”, se la si giudica solo superficialmente: «si è tentato di dar risposta a questo interrogativo inseguendo una pretesa coerenza tra La ricotta e Il Vangelo secondo Matteo, o forzando un’interpretazione cristianamente ispirata del primo, o volendo leggere un sostrato eversivo nel secondo. Ma questa forzatura, in un senso o nell’altro, non convince appieno». Viganò al convegno di Rieti sottolinea invece l’interpretazione forse che più rende pienamente giustizia all’effettiva personalità di Pasolini e alla stessa compressione del mondo intellettuale cattolico: «una prospettiva ermeneutica storica che non esclude l’incoerenza, ma la spiega considerando il bisogno che in quegli anni Pier Paolo Pasolini e il mondo cattolico avevano l’uno dell’altro». Da una parte c’era un autore come Pier Paolo Pasolini spesso sotto processo a causa della sua poetica “scandalosa”, e che aveva vissuto in modo traumatico la condanna per vilipendio alla religione di Stato; dall’altra, conclude Mons. Viganò, «c’erano le istituzioni cattoliche impegnate nell’apostolato cinematografico che avevano visto arretrare le loro posizioni rispetto ai decenni precedenti, e che erano alla ricerca di un autore capace di portar loro nuova linfa, nuova ispirazione e nuova credibilità culturale».