“Adesso con l’arrivo del coronavirus la crisi è molto più grave di quando eravamo sotto i bombardamenti. Ma l’epidemia non può essere vissuta come una punizione di Dio. Dio è amore e fa di tutto per salvarci”. Anzi, in questa Pasqua, “ciascuno deve compiere un pellegrinaggio personale nel proprio cuore, per arrivare ai piedi della croce e ringraziare il Signore, chiedendo la conversione e la guarigione dei malati”. Questo è il messaggio che monsignor Antoine Audo, vescovo caldeo di Aleppo, rivolgerà oggi ai fedeli della martoriata città siriana, che dopo dieci anni di guerra e di bombardamenti oggi deve affrontare anche l’emergenza coronavirus, attraversando “una crisi gravissima, perché non c’è lavoro, ci sono pochi medici, pochi ospedali e pochi farmaci”, anche a causa dell’embargo cui è sottoposta la Siria.



Monsignore, il virus è arrivato anche ad Aleppo?

Sì, abbiamo registrato dei casi di malattia, ma per fortuna non abbiamo ancora subìto vittime. Speriamo continui così, dobbiamo continuare a fare attenzione. Ora non possiamo uscire dalle nostre case, ci sono limitazioni molto precise.

Come vive la gente queste limitazioni?



Non c’è lavoro, tutti, anche i giovani e i bambini, sono costretti a rimanere chiusi in casa e non abbiamo la possibilità di fare lezioni via internet come si fa in Europa. Ho notizie di situazioni molto difficili, le giornate segregati in casa sono molto lunghe. Non è facile, e speriamo di uscire da questa emergenza senza dover contare troppe vittime.

Si sentono gli effetti dell’embargo sulla fornitura di medicinali?

Sicuramente. Affrontiamo grandi ristrettezze sul fronte sanitario, a causa della guerra: non ci sono più tanti medici né ospedali agibili. In seguito all’embargo dall’estero non arrivano i farmaci che servirebbero, riceviamo forniture solo dall’India e dalla Cina.



Qual è il problema maggiore che deve oggi affrontare la popolazione di Aleppo?

Oggi tutto è molto più caro. Già la guerra, durata 10 anni, aveva innescato una crisi grave, con una forte inflazione, perché la lira siriana ha perso gran parte del suo valore rispetto al dollaro. E ora con l’arrivo del coronavirus tanta gente non ha più la possibilità di lavorare, bisogna rimanere in casa e i generi alimentari costano molto. Eccetto il pane, e almeno questo evita di sprofondare in una crisi terribile. Tutti possono comprare il pane.

Qual è l’aiuto che può offrire la Chiesa agli abitanti di Aleppo?

Ogni mese continuiamo a garantire i nostri programmi di aiuto alle famiglie più bisognose. E poi c’è il sostegno di Caritas Polonia a favore di tutti i cristiani poveri, suddivisi in tre gruppi: una persona sola, famiglie con tre persone e famiglie con più di tre persone. Ricevono ogni mese aiuti da 25 dollari, 30 dollari o 50 dollari. E poi ogni comunità è impegnata soprattutto nell’assistenza sanitaria.

Dopo 10 anni di guerra e bombardamenti, ora l’epidemia: la gente è arrabbiata con Dio?

No, no, non con Dio. Certo, viene loro la tentazione di dire, e c’è chi lo dice, anche tra i musulmani, che è una punizione di Dio contro il mondo, dominato dalle ingiustizie e dai peccati. Ma noi come Chiesa non accettiamo questo discorso. Cerchiamo di far capire che Dio non vuole punire il suo popolo, Dio è amore e fa tutto per salvarci. Come ho detto nell’omelia del Venerdì Santo spiegando l’episodio raccontato nel capitolo 21 del Libro dei Numeri, quando il popolo era arrabbiato con Mosè, Dio non manda il virus a causa del peccato e della durezza degli uomini. Dobbiamo accettare questa epidemia come prova per cercare di più la giustizia, il rispetto reciproco e verso la natura.

Anche in Siria, come qui in Occidente, le chiese sono chiuse. Come si svolgono i riti della Pasqua?

In questa Settimana santa è stato vietato alle persone di frequentare le chiese. Ma ogni comunità si è organizzata per celebrare i riti su internet, dando così la possibilità alle persone di seguirli.

Quale messaggio per la Pasqua rivolgerà oggi alla martoriata città di Aleppo?

La Pasqua è una grande occasione per pregare in modo nuovo. Non potendoci ritrovare insieme nelle nostre chiese, ciascuno a casa sua, a livello personale e famigliare, deve cercare una nuova dimensione della presenza di Dio nella propria vita. Ciascuno deve compiere un pellegrinaggio personale nel proprio cuore, camminare attraverso la nostra storia santa per arrivare ai piedi della croce e ringraziare il Signore, chiedendo la nostra conversione e la guarigione dei malati.

(Marco Biscella)

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