Cristo Risorto ci porta una novità di vita, una vita nuova, attraverso il servizio. Questa è stata l’esperienza che ha caratterizzato la mia Quaresima quest’anno.
Due eventi in particolare mi hanno fatto scoprire questa realtà: un incontro in video conferenza a cinque anni dallo storico incontro di Papa Francesco con il Patriarca ortodosso russo Kirill a Cuba, e un altrettanto storico incontro: la presentazione dell’ultima enciclica di Papa Francesco Fratelli Tutti tradotta in russo da un comitato di musulmani russi.
In entrambi questi eventi mi ha sorpreso il pensiero che tutto ciò non sarebbe stato possibile se Cristo non fosse risorto, se non fosse cioè un presente qui ed ora nel suo corpo storico che è la Chiesa, che mi muove, ci muove. Non sarebbe infatti adeguato alla portata degli eventi il solo fatto di un dialogo tra noi – “possiamo cercare insieme la verità nel dialogo, nella conversazione pacata o nella discussione appassionata”: se non si arriva all’ipotesi di una comune (da communio) testimonianza si resta aridi, non si genera un popolo nuovo, “non si presta un’attenzione prolungata e penetrante al cuore della vita, non si riconosce ciò che è essenziale per dare un senso all’esistenza” (Fratelli Tutti, 50), non si è di nessuno: e questo con buona pace di tutti è il solo ecumenismo interessante.
In secondo luogo il dialogo fino alla testimonianza, quindi fino alla coscienza di appartenere a Cristo presente, ci porta alla scoperta di una certa comunione, che il Papa definisce fraternità: “come credenti pensiamo che, senza un’apertura al Padre di tutti, non ci possano essere ragioni solide e stabili per l’appello alla fraternità. Siamo convinti che ‘soltanto con questa coscienza di figli che non sono orfani si può vivere in pace fra noi’. Perché ‘la ragione, da sola, è in grado di cogliere l’uguaglianza tra gli uomini e di stabilire una convivenza civica tra loro, ma non riesce a fondare la fraternità” (FT, 272). Fraternità o fratellanza hanno una radice decisiva che è fratello. Oggettivamente si può parlare di fratellanza solo se si scopre un padre e una madre comuni, o almeno uno dei due.
Personalmente questi eventi mi hanno permesso di sperimentare la paternità unica del Padre, Colui che è tam Pater nemo (Tertulliano), Colui che non smette mai di generarmi, Colui che non smette mai di compiere miracoli, Colui che ha risuscitato suo Figlio fatto uomo. Recentemente ho riletto una espressione di don Giussani che mi ha molto colpito al riguardo: “Il miracolo più grande che riempie il mondo è che uomini che prima erano estranei, comincino a trattarsi come fratelli”. Per me questa è stata letteralmente l’esperienza di quegli incontri.
Certamente durante la presentazione dell’enciclica non è stato dichiarato in modo esplicito che Cristo risorto è la via che ci conduce dentro il rapporto del Figlio col Padre, e che Gesù risorto vuole, desidera più di tutto portare i suoi in questo rapporto di comunione, ma si può fare esperienza di questo perché Cristo risorto si mostra come novità di vita, novità di rapporti: e forse non è novità di vita, novità di rapporti una scoperta fraternità, una chiara testimonianza per cui si darebbe la vita gli uni per gli altri?
Ma ancora più eclatante per me è stata la scoperta che il servizio già mi introduce in questi rapporti tra Gesù e il Padre, in questa novità di vita che egli, Gesù risorto, porta nella vita degli uomini. Nella liturgia cattolica del Giovedì Santo si svolge il rito della “lavanda dei piedi”, che quest’anno non si fa a causa della pandemia. Giovanni nel suo Vangelo ne dà un significato particolare, legandolo alla missione, o alla testimonianza. Ma prima Gesù chiede ai suoi: “Capite quello che ho fatto per voi?”. Loro non hanno capito niente, e soprattutto non hanno capito, se non dopo, che quel servizio era un gesto di amicizia, di testimonianza, di carità, di perdono. Giovanni nota che Giuda è ancora lì alla tavola, e quindi anche a lui Gesù lava i piedi: estremo gesto di amicizia e di perdono.
Cristo è risorto! È veramente risorto!
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