La grande tentazione di tutti i tempi è la perdita della speranza. Come ci avverte spesso Papa Francesco, è la tentazione che si lascia rubare la speranza dal maligno. Tentazione di una fatica, di una tristezza di fronte e dentro le vicissitudini della storia, che fa della vita una condanna a un destino oscuro. La Pasqua viene incontro a questa tentazione che colpisce gli uomini e la storia da sempre, che sempre insidia la Chiesa e la società.
Non risponde solo con un avvenimento che vince ogni male, ogni tristezza, ogni dolore e peccato, ogni guerra e tradimento, insomma tutto ciò che sinteticamente appare nelle scene della Passione di Cristo. La Pasqua risponde con un accompagnamento che il Risorto viene ad offrire all’uomo tentato di non credere più nel destino buono della vita e della storia. La Pasqua è un avvenimento che ci coinvolge perché lo stesso Risorto viene ad accompagnarci verso la fede in Lui. È il bellissimo episodio dei discepoli di Emmaus, raggiunti, raccolti, sorpresi da Gesù nel punto di disperazione in cui erano caduti e da cui non riuscivano più a liberarsi. Gesù va a cercarli lì, li incontra lì, e da lì inizia un cammino con loro.
In Lui la risurrezione è già compiuta, è già avvenuta, e con essa tutta la salvezza del mondo. Ma tutto si concentra ora in un gesto, in un movimento del Risorto che si fa compagno di viaggio dell’uomo verso la fede nella speranza. Questo è in fondo l’aspetto più straordinario e commovente dell’avvenimento pasquale. Lo straordinario non è solo che la risurrezione di Cristo sia avvenuta, ma che la risurrezione generi una presenza di Cristo che non è statica, o solo estatica, ma che ci accompagna, che si fa di nuovo pellegrina, come durante la vita terrena di Gesù. La Risurrezione diventa il pellegrinaggio di Dio che accompagna gli uomini dal punto in cui sono, soprattutto se è un punto di disperazione e di morte, verso la gioia di riconoscere che Cristo è presente come risorto, come vittoria sulla morte e su tutto il male della storia.
Questo deve sempre riaccadere. Ogni volta che vediamo che la storia è intaccata dalla disperazione e dallo smarrimento, perché accadono sempre nuovi motivi di sconforto, personale e collettivo, è importante che, quasi prima di credere alla Risurrezione, ci accorgiamo e crediamo che Gesù Cristo da duemila anni sempre ci sorprende accompagnando la nostra vita al suo destino vero, al suo destino buono.
Per questo la fede nella Risurrezione è inscindibile dal riconoscere il segno della Chiesa, come compagnia del Corpo risorto di Cristo alla nostra vita, alla nostra storia, alla storia dell’umanità. Cristo, tramite la Chiesa, viene ad accompagnarci dal punto di disperazione in cui siamo alla gioia di aprire gli occhi alla luce di una presenza che è positività totale per la nostra vita, che porta e dona tutta la bellezza, tutta la luce, tutta la consolazione di cui la vita ha bisogno.
Anche se soffriamo, moriamo, subiamo tradimenti e infedeltà, anche se siamo tristi, anche se facciamo l’esperienza del nostro peccato, delle nostre cadute: tutto questo non ha più un’importanza negativa, perché tutto questo importa a Cristo, fa accorrere il Risorto.
E allora tutto il dramma della vita e della storia diventa il cammino sul quale Cristo risorto ci fa sperimentare la sua presenza, la sua salvezza, verso la gloria della sua manifestazione, della manifestazione di ciò che Lui è per noi, della gioia piena che Lui è per noi. I discepoli di Emmaus, dopo aver aperto gli occhi alla presenza gloriosa di Cristo, da stanchi e sfiduciati che erano, ripartono, senza aver nemmeno cenato, pieni di energia nuova, per correre ad annunciare a tutti che non è vero che ci sono più motivi di disperazione che di speranza, perché Cristo è risorto, ed è veramente risorto proprio perché lo possiamo incontrare e conoscere nel suo Corpo di carne ecclesiale che cammina con noi.
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