La ripresa c’è ed è robusta: non ha dubbi Pasquale Tridico. Intervenuto ai microfoni de La Stampa, il presidente dell’Inps ha annunciato un andamento molto positivo delle entrate e allo stesso tempo una riduzione del 2,4% dei pagamenti per minori prestazioni, basti pensare a pensioni, sostegni e ammortizzatori. Passando alla cassa integrazione, l’esperto ha spiegato che la richiesta resta alta, ma siamo molto lontani dai dati del 2020: dai 18 miliardi spesi un anno fa agli 8 miliardi di oggi.



Pasquale Tridico ha poi giudicato positivamente l’accordo ponte su licenziamenti e nuova Cig per le aziende in crisi, sottolineando che anche il Conte II aveva adottato lo stesso approccio di gradualità: «Corretto essere prudenti e ragionare in termini di selettività, sia mandando al 31 ottobre le aziende più fragili, sia liberalizzando i licenziamenti nelle aziende più grandi e tenendo anche qui un punto di attenzione su quelle che sono più in difficoltà».



PASQUALE TRIDICO: “DOPO QUOTA 100 NON CI SARÀ IL DESERTO”

Nel corso della lunga intervista al quotidiano piemontese, Pasquale Tridico è tornato a ribadire la necessità del salario minimo, in grado di fornire tutele e norme per salari adeguati: «Al contrario di quanto sostengono i sindacati, se vediamo esperienze come quella tedesca, un paese molto simile al nostro in termini di contrattazione, vediamo che il salario minimo non ha spiazzato il mercato e non ha avuto effetti controproducenti sulla contrattazione sindacale». Il numero uno dell’Inps ha sottolineato inoltre che andrebbe a coprire le fasce di lavoratori che non sono contrattualizzati e che sono colpiti da una contrattazione che porta i salari al ribasso. Pasquale Tridico ha poi parlato di pensioni e di Quota 100, rimarcando che non ci sarà il deserto: «Abbiamo 13 forme di anticipazione pensionistica. Bisogna approfondire quelle che già ci sono, a partire dall’Ape sociale. Oltre a questo, visto che siamo in un sistema misto retributivo/contributivo, ho proposto la possibilità di lasciare il lavoro in anticipo uscendo a 62-63 anni ma ottenendo solo la parte contributiva dei versamenti e quindi aspettare i 67 per il resto. In questo modo assicuriamo un meccanismo di flessibilità ma al tempo stesso non creiamo problemi di sostenibilità ai conti».

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