Dopo il passaggio della sedicenne Greta Thunberg, ricevuta da tutte le maggiori istituzioni italiane e pure vaticane (dove ultimamente a quanto pare non ne azzeccano una), in Italia è passato anche il maltempo e un freddo relativamente intenso per il mese di maggio. Ovviamente su internet si sono moltiplicate le vignette ironiche su Greta e sul presunto riscaldamento globale, o come lo chiamano ora “cambiamento climatico”, tanto per farlo digerire a ogni costo nonostante una realtà contraria. Una delle vignette più divertenti ritrae Greta con il classico cappellino di lana calato in testa e con in mano un cartello sul quale, in accento romanesco, c’è la scritta “Me so sbajata!”.



Ma la di là delle “freddure” (scusate la battuta), l’ossessiva ripetizione sul riscaldamento globale e sui cambiamenti climatici ripetuti dai media inizia a essere in affanno. Infatti, in questi ultimi tempi a ogni notizia di freddo eccezionale su ogni telegiornale si è sempre affiancata una notizia su un qualche caldo eccezionale in qualche altro punto della terra o un commento sul problema del riscaldamento globale che sta distruggendo la natura o sta minacciando la scomparsa di una qualche specie animale.



La ripetizione è stata in questi anni tanto ossessiva che ancora oggi si trovano in rete articoli recenti nei quali si arriva all’assurdo di tentare di dimostrare che queste ondate di freddo dipendono dal risvaldamento globale. Un simile acrobatico esercizio è stato tentato da Stefano Caserini, autore del libro “Il clima è (già) cambiato. Nove buone notizie sul riscaldamento globale”. L’autore è anche il coordinatore di un intero sito dedicato alla materia. E quale sarebbe la principale fonte delle sue valutazioni? La fonte è l’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), cioè il famigerato istituto i cui “scienziati” si sono scambiati email (poi rese note) nelle quali si accordavano per truccare i dati e mostrare un riscaldamento che non c’è.



Basta vedere le previsioni dell’Ipcc fatte negli anni scorsi, per capire quanto sono sballate. Il grafico che segue mostra le previsioni (linea rossa) insieme alle temperature reali poi registrate.

Il fatto è che quasi tutti i grafici che mostrano il presunto riscaldamento partono dal 1979. Ma allora le temperature erano basse rispetto a oggi e mostravano una discesa rispetto agli anni precedenti, cosa totalmente incompatibile con l’aumento della CO2 di quegli anni. Al contrario, in quegli anni uscivano articoli di giornale nei quali si lanciava l’allarme sul prossimo arrivo di una nuova era glaciale: per esempio, basta digitare sul motore di ricerca le parole “newsweek era giaciale” per trovare i link di simili notizie.

La notizia, che non è una notizia, è che il clima si è effettivamente riscaldato dagli anni ’70 al 2000. Ma poi è solo rimasto caldo, dato in clamoroso contrasto con il continuo aumento di CO2 prodotta dall’uomo. Ma il dato più importante è che l’aumento della temperatura coincide, ovviamente, con l’andamento dell’attività solare, misurato con la presenza di macchie solari, il cui andamento negli ultimi secoli è reso evidente dal prossimo grafico.

Come si vede, dopo il 1950 abbiamo avuto una serie di massimi solari molti intensi. Ma ora l’intensità di radiazione solare è in drastico calo.

La linea rossa indica l’attuale ciclo solare (il ciclo 24) mentre la linea blu indica la media dei 23 cicli precedenti. Per la cronaca, la sottile linea nera indica uno dei cicli più freddi noti, il periodo storico noto come “minimo di Maunder”, verificatosi intorno al 1700 e coincidente con un periodo di freddo intensissimo che portò alla morte per fame e malattie milioni di persone in Europa.

A riprova che non c’è alcun riscaldamento globale, basta andare a vedere lo stato dei ghiacci in Groenlandia.

Come si vede dalla linea blu, il ghiaccio accumulato quest’anno è in linea con la media dei trent’anni tra il 1981 e il 2010 (fascia grigia). Non c’è alcuno scioglimento in corso. Una facile controprova, riscontrabile da chiunque, è l’analisi delle temperature estreme verificatesi nel mondo. Se fossimo nel corso di un riscaldamento, i record di temperatura massimi dovrebbero essersi verificati in anni recenti, mentre i record di temperatura minima dovrebbero essersi verificati tanti anni fa.

A livello mondiale i dati sono questi: record di caldo di 57,7° registrato in Libia nel 1922, record di freddo registrato a Vostok (Antartico) di -93° nel 2013. In Italia il record i caldo è di 48,5° registrato nel 1999, record di freddo di -49° registrato nel 2013.

Quindi non è stato un caso che nel 2016 negli Usa un’ondata di gelo ha battuto numerosi record locali, come riportato da diversi siti meteo. E nemmeno è un caso l’ondata di gelo che ha colpito l’Europa in questo mese di maggio. Nella città francese di Brest è stata toccata la temperatura di -1,9°, a un passo dai -2,3° che costituisce il record di freddo di sempre, raggiunto nel 1978.

Ma qui non si tratta solo di mettersi un maglione in più. Il problema vero è la sopravvivenza dei raccolti. Nel 2018 la Coldiretti ha annunciato un calo del 20% del raccolto e quest’anno proprio il gelo fuori stagione rischia di provocare danni anche più gravi. E a livello mondiale si rischia un’ecatombe nei prossimi anni. Avremo governi capaci di tanta lungimiranza e tanto realismo?