Siamo alle prime battute della massiccia campagna vaccinale globale e già si sente parlare con insistenza di un passaporto vaccinale o passaporto d’immunità. Un “lasciapassare” sanitario digitale che permetterebbe di far tornare a viaggiare, a frequentare cinema, stadi palestre e luoghi pubblici. Sarebbero un po’ simili a quelle “fedi di sanità” in uso al tempo della peste dell’inizio del XVIII° secolo o le moderne “Yellow Card”, certificati attestanti la profilassi antimalarica richiesta alle frontiere di alcuni Stati. 



Diverse le critiche e le obiezioni. Quelle sanitarie: quale efficacia del vaccino sull’abbassamento della probabilità del tasso di trasmissione? Quelle tecnologiche sulla salvaguardia della privacy: come e quali autorità saranno autorizzate a immagazzinare e gestire questi dati altamente sensibili? Quelle etiche: è una forma discriminatoria definendo il fenomeno Vaccin Apartheid. C’è allarme diffuso sulle implicazioni che questo tipo di certificazione potrebbe avere sulle libertà personali. E soprattutto il timore che il passaporto diventi la scusa per accrescere la pervasività di identificazione e controllo digitale dei cittadini. Il credito sociale cinese insegna. 



Anche l’Unione europea sta studiando l’ipotesi di introdurre un passaporto vaccinale pan-europeo con un design rispettoso del GDPR (legislazione europea sui dati personali). È al lavoro un team dell’organizzazione comunitaria eHealth Network per definire un dataset minimo, soprattutto dopo l’incalzare di alcuni governi nell’ottica di salvare la prossima stagione turistica, in particolare il primo ministro greco Mitsotakis. Tuttavia, come hanno confermato alla conferenza stampa di giovedì in chiusura all’incontro del Consiglio europeo sul tema Ursula von der Leyen e Charles Michel, si ritiene ancora prematura l’introduzione di passaporti vaccinali fino a quando una porzione rilevante di popolazione non sarà stata ancora vaccinata. Nel frattempo rimane in vigore l’obbligo di test PCR e quarantena per i viaggiatori provenienti da alcuni Stati membri.



Schierati a favore, Seychelles e Cipro (membro dell’Ue, ma in processo di adesione dello spazio Schengen) che hanno annunciato di essere pronti a riaprire le loro frontiere permettendo ai viaggiatori stranieri vaccinati di evitare la quarantena. In fermento il settore del turismo: la compagnia di crociere britannica Saga ha fatto sapere che potranno imbarcarsi solo i crocieristi vaccinati da almeno due settimane. Mentre Emirates sarà la prima linea aerea ad adottare entro primavera lo IATA Travel Pass, l’app dell’organizzazione internazionale di trasporto aereo che aiuta il passeggero a gestire gli adempimenti dei requisiti imposti dai diversi governi per l’ingresso nel Paese: test o vaccini. L’App in corso di finalizzazione permetterà di condividere in modo rapido e sicuro informazioni sulla propria situazione sanitaria: catalogando e conservando in uno spazio digitale tutti i certificati di vaccinazione e i risultati dei test e dei tamponi effettuati, verificabili dalle autorità locali e compagnie aree tramite la scansione di un QRCode.

Con il 34% di italiani che si sono dichiarati contro il vaccino, prima di risolvere la questione degli spostamenti internazionali dobbiamo ancora comprendere come si riuscirà a raggiungere l’immunità di gregge. Comunque, di fatto, un passaporto vaccinale esiste già in Italia. Su suggerimento del CTS, il pubblico che potrà sedere all’Ariston per seguire in presenza il Festival di Sanremo sarà composto unicamente da esponenti delle categorie già vaccinate.