Corrado Passera, in un’intervista a Repubblica, ha commentato il fallimento della Silicon Valley Bank, avvenuto il 10 marzo scorso nel giro di quarantotto ore: “Attenzione, questi fenomeni non maturano mai da un giorno all’altro ma più da lontano. Si sono accumulati errori clamorosi per la gestione corretta di una banca, cioè lo sbilanciamento forte tra raccolta di depositi a breve e l’impiego a lungo termine, il cosiddetto mismatching delle scadenze, oltre alla concentrazione dei rischi su pochissimi settori”, ha avvertito l’esperto.



L’avvenimento, dunque, non era del tutto inaspettato. “Svb era fortemente concentrata sia nei finanziamenti che nei depositi con operatori di un unico settore — startupper e venture capitalist — basta che uno di loro cominci a ritirare i soldi e si crea la valanga”, ha spiegato. In un giorno sono stati ritirati 41 miliardi di depositi su 170 di passivo totale. “Non è un dato così eclatante, visto il tipo di banca che era. È invece clamoroso che, da quanto sembra, non siano stati rispettati i principi fondamentali della liquidità con crediti e investimenti a medio termine e depositi a breve termine che potevano essere richiamati in ogni momento”.



Passera: “Silicon Valley Bank? Errori clamorosi”. Il confronto con l’Europa

Corrado Passera ritiene che un fallimento come quello della Silicon Valley Bank non si sarebbe mai potuto verificare in Europa. “A mio parere le autorità americane hanno impiegato troppo tempo prima di intervenire, i campanelli d’allarme erano già suonati da tempo, basti dire che i suoi attivi erano concentrati in un unico settore, quello delle start up le cui valutazioni sono scese del 60-70% nell’ultimo anno. In Italia e in Europa continentale, su questioni molto meno critiche, la banca centrale chiede piani di intervento immediati. Come è giusto che sia”, ha sottolineato.



I rischi per le banche europee, dunque, sarebbero di tipologia diversa. Ad esempio, da un aumento dei tassi. “Come si è visto dopo la grande crisi finanziaria, le difficoltà per le banche europee — certamente è stato il caso italiano — non sono derivate tanto da problemi di liquidità legati ai derivati o ai prestiti subprime, ma da una recessione più lunga del previsto che ha mandato in difficoltà le aziende e causato grandi perdite sotto forma di crediti inesigibili”, ha concluso.