Noli foras ire, in te ipsum redi, in interiore homine habitat veritas“. Non uscire da te, rientra in te stesso, nell’intimo dell’uomo abita la verità. Parte dal monito di Sant’Agostino la riflessione del professor Eugenio Borgna, chiamato ad intervenire al 79° Corso di studi cristiani ad Assisi sul tema «Sinodo, insieme per camminare insieme».
Intervistato da Avvenire, lo psichiatra e docente emerito ha confermato che sì, “è possibile, e necessario” annunciare al giorno d’oggi, in un mondo tanto distratto, il messaggio di Agostino. D’altronde, domanda, “come capire qualcosa degli altri, di quel camminare insieme, cui come Chiesa siamo chiamati, se non siamo in costante ascolto di noi stessi, e di coloro che la vita ci fa incontrare, e particolarmente dei più fragili, e, infine di Dio?“. Borgna svela anche come si impari ad ascoltare: “Porsi in ascolto è liberarsi dai propri pensieri, sapere mettere sé stessi fra parentesi. Passare dal «sentire» all’«ascoltare», che è altro e molto di più, è un gettare ponti“.



EUGENTIO BORGNA: “CRESCE UNA GENERAZIONE SENZA MAESTRI”

L’intervistatrice cita Etty Hillesum, la giovane ebrea morta ad Auschwitz, che scriveva nel suo Diario: “Io sto sempre molto tesa e molto attenta…“. Borgna approva il paragone: “Questo è proprio l’ascolto, una tensione all’altro. Quell’attenzione al prossimo che, diceva Simone Weil, è già preghiera”. Lo psichiatra raccoglie poi la provocazione: “Se sarebbe rivoluzionare sentire risuonare in radio sentir risuonare «Noli foras ire, in te ipsum redi…»? Forse. Ma a volte mi domando quanto davvero sia totalizzante il dominio di media e web. Perché mi accade di essere invitato nelle scuole, e le domande dei ragazzi spesso mi sbalordiscono, tanto sono acute e profonde. Da un liceo di Novara al Parini di Milano, mi meraviglia l’affiorare di domande cui molti adulti faticherebbero a rispondere. È come se intravedessi il crescere di una nuova generazione che cerca, e non trova, perché gli adulti tacciono. Una umanità silenziosa, adolescente, senza maestri“.



EUGENIO BORGNA: “COVID CI HA RESI COMUNITA’ DI DESTINO”

L’ascolto autentico, acconsente Borgna, richiede immedesimazione verso il prossimo. Un caso di quanto questa predisposizione sia assente è quello che vede l’opinione pubblica pressoché indifferente, se non addirittura ostile, rispetto verso il fenomeno immigrazione: “Ed è strano, c’è ormai in noi quasi un pregiudizio fatale: al massimo riconosciamo la povertà materiale di questa gente, la loro fame, ma è come se non sapessimo che ciascun profugo dalla Siria o dall’Afghanistan è un uomo con la sua interiorità, uno che ha perduto la casa, magari abbandonato i figli, o un orfano straziato“. Sulla “conversione” portata dalla pandemia alla comunità italiana, Borgna invece dice: “Nelle prime settimane quelle incredibili, strazianti bare di Bergamo, e ciò che accadeva negli ospedali, hanno per qualche tempo, credo, creato fra noi una «comunità di destino». Benché magari impauriti nell’incrociare un altro per la strada, ci siamo, per qualche tempo, sentiti tutti sulla stessa barca. Alla terza, alla quarta ondata, certo, c’è stanchezza. Eppure quel primo sentire comune, quel pure breve «essere insieme» che abbiamo provato, testimonia che l’umanità in fondo a noi non è pietrificata“.

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