Patrick Zaki, dall’incubo dell’incarcerazione alla tranquillità riconquistata per sua madre
La puntata di quest’oggi di Verissimo è stata impreziosita dalla presenza di Patrick Zaki, giornalista e attivista per i diritti civili che ha vissuto la terribile esperienza, senza colpa, di essere incarcerato in Egitto. L’uomo ha vissuto il terrore, il dolore e le violenze per accuse che poco riguardano il suo reale impegno per la pace e la libertà e, da Silvia Toffanin, ha ripercorso tutti i momenti partendo dalla gioia di sua madre di saperlo finalmente fuori da quell’incubo. “Come sta mia mamma? Ha pianto molto, è una donna molto sensibile. Quando è accaduto tutto ciò per le è stato molto difficile; ricordo che ogni visita, quando le è stato permesso, diceva sempre: ‘Sono davvero triste di non poterti portare a casa con me adesso’. Adesso è tranquilla, soprattutto quando sono in Italia”.
Patrick Zaki è dunque entrato nel merito di quell’orribile periodo in carcere dove ha dovuto subire violenze di diverso genere e matrice. “Le torture per 17 ore? Sicuramente sono stati i momenti più difficili per me, a volte se mi paragono ad altri mi sento comunque un privilegiato, ci sono persone che scompaiono anche per molto più tempo. Ho documentato molti casi simili al mio, quando mi hanno bloccato all’aeroporto avevo già capito cosa stava per succedere”. L’attivista ha poi aggiunto: “Ovviamente le prime ore sono state terribili, ma a volte le persone parlano delle torture fisiche come cosa principale, ma l’aspetto psicologico è stato forse quello più difficile in questi mesi”.
Patrick Zaki a Verissimo: “Ecco qual è il mio ricordo più brutto di quell’esperienza…”
Patrick Zaki ha spiegato a Silvia Toffanin le cose più scabrose osservate durante il periodo in carcere, arrivando poi a raccontare il suo personale ricordo più tremendo e doloroso. “Cosa ho visto in carcere? E’ davvero pesante e difficile, immaginavo quello che sarebbe successo ma ciò che ho visto è stato assurdo. Sei da solo in isolamento, mi ci è voluto molto per trovare la forza di resistere e non perdere la lucidità, cosa non facile quando ti senti solo e abbandonato. Ti chiedi quando finirà tutto, quando me lo diranno… Il ricordo più brutto? Ad essere sincero è difficile andare a scegliere un momento, già i primi mesi è stato pesantissimo; il tempo è il nemico in prigione, ogni secondo dura un anno e devi trovare una routine per superare la giornata e non impazzire”. Il giornalista ha dunque aggiunto: “Se devo scegliere un momento, è forse quando mi hanno arrestato perché sapevo come sarebbero andate le cose. Le scosse elettriche? Si, le ho subite nelle prime ore, un’esperienza traumatica”.
Nonostante l’isolamento e le angherie vissute durante il periodo in carcere, Patrick Zaki ha trovato comunque un modo di restare in contatto con i suoi affetti. “I messaggi della mia fidanzata mentre ero in carcere? Sì, potevo ascoltare questo programma che andava in onda alle 10. C’era il Covid e volevo sapere se i miei affetti stavano bene e in una delle mie lettere avevo proprio chiesto di aggiornarmi attraverso messaggi inviati al programma. E’ stata un’emozione sapere che la mia fidanzata mi amava ancora e mi stava aspettando. Il primo messaggio? Mi disse: ‘Ci ritroveremo presto, abbi cura di te e pensa a come resistere, ti amo’”.
Patrick Zaki il senso del libro dedicato all’esperienza in carcere: “E’ per tutte le persone ancora lì…”
Patrick Zaki ha raccontato a Verissimo l’ultimo atto di quel calvario quando, dopo la scarcerazione, è tornato l’incubo della condanna. Fortunatamente scampo’ al ritorno in carcere ricevendo la grazia del presidente: “Ad essere sincero sono fortunato, perchè molte persone sono ancora in carcere. Sono triste per essere andato in prigione fin dall’inizio per un processo così prolungato. Fortunatamente però adesso sono in Italia ma sono ancora preoccupato per alcune cose che succedono… Cos’è per me la libertà? Non impazzire dietro a ciò che può succedere, non pensarci. Non vado più a letto come quando ero in prigione, è un sentimento, è senza prezzo. Sto rivalutando la libertà ogni secondo, per leggere, viaggiare; voglio utilizzare ogni singolo momento della mia libertà”.
Patrick Zaki ha poi concluso il suo intervento parlando del concetto di paura dopo l’esperienza vissuta in carcere: “Tutte le persone che sono state in prigione non riescono a superare quella sensazione, ma dico a me stesso di non poter vivere nella paura. Mi sento a volte anche un po’ colpevole per i miei amici che sono ancora in carcere. Il libro è dunque un modo per sensibilizzare riguardo ciò che succede, non è la mia storia ma quella di altre persone, ho scritto anche per loro e per trovare il sostegno delle persone”.