Solo la grazia del presidente egiziano al-Sisi ha permesso a Patrick Zaki nel luglio 2023 di uscire dal carcere e veder finalmente conclusa la sua vicenda giudiziaria iniziata nel febbraio 2020, quando fu imprigionato in Egitto. Lo studente, ospite oggi di Verissimo per raccontare la sua esperienza, faceva parte del programma di studi di genere “Gemma” dell’Università di Bologna ed era tornato al Cairo per una breve visita in famiglia, con l’obiettivo di tornare poi in Italia per proseguire i suoi studi. Ma il giovane venne fermato in aeroporto e, stando alle testimonianze di attivisti e legali, sottoposto a torture durante un interrogatorio sul suo lavoro e il suo attivismo per i diritti LGBTQ+. L’arresto ufficiale in Egitto avvenne il giorno successivo, quando il ricercatore comparve a Mansura, la sua città natale, sulla base di un mandato di cattura emesso nel 2019. Venne stabilita una custodia cautelare di 15 giorni.



Patrick Zaki fu accusato di istigazione alla violenza, partecipazione a proteste, terrorismo e gestione di un account sui social finalizzato a minare la sicurezza pubblica. Nel frattempo, iniziò la mobilitazione internazionale per chiederne il rilascio attraverso una petizione che superò le 300mila firme, chiedendo anche al governo italiano di concedere a Zaki la cittadinanza per “meriti speciali”. Venne anche organizzato un flashmob a Bologna e il ministero degli Affari esteri iniziò a monitorare il caso. Pochi giorni dopo anche l’Europa si mobilitò, infatti il presidente del Parlamento europeo David Sassoli chiese il rilascio immediato dell’attivista egiziano.



GLI APPELLI PER LA LIBERAZIONE DI PATRICK ZAKI

Due settimane dopo l’arresto, venne annunciato il primo di tanti rinnovi della custodia cautelare di Patrick Zaki, per il quale la famiglia lanciò un appello, visto che soffre di asma ed era a rischio per il Covid. Appello, però, ignorato, con le udienze rinviate a causa della pandemia e le visite interrotte per lo stesso motivo. La prima visita in carcere per lo studente egiziano avvenne solo dopo 5 mesi e mezzo dopo l’arresto. La vicenda giudiziaria di Zaki ha avuto eco internazionale al punto tale che pure l’attrice Scarlet Johansson ne chiese la liberazione attraverso un video, senza però sortire alcun effetto.



Anzi, si susseguirono altri rinvii e Amnesty International arrivò a parlare di un caso di «persecuzione giudiziaria» contro lo studente accusato di propaganda sovversiva. Il processo venne fissato dopo 19 mesi di custodia cautelare: caddero le accuse più gravi di incitamento al “rovesciamento del regime”, mentre rimase quella di “diffusione di notizie false all’interno e all’esterno del Paese” in relazione ad alcune frasi scritte sui social a sostegno della minoranza copta.

PATRICK ZAKI, LA CONDANNA E LA GRAZIA DI AL-SISI

La prima udienza del processo a Patrick Zaki si tenne il 14 settembre 2021 presso il tribunale di Mansura, ma si concluse senza alcun risultato, quindi con il rinvio, e lo studente rimase in carcere. Stesso esito per la seconda udienza di due settimane dopo. La prima svolta arrivò il 7 dicembre 2021, in occasione della terza udienza, quando venne disposta la scarcerazione di Zaki, il quale però non venne assolto. Iniziò però un ciclo continuo di rinvii con la data della sentenza che veniva ripetutamente spostata.

Ad esempio, in occasione dell’udienza del 9 maggio, quando la difesa depositò atti come una nota, 13 dossier con prove e una chiavetta USB con una testimonianza video, ma il giudice titolare non si presentò in aula, incaricando un sostituto di fissare un nuovo rinvio. Nel frattempo, Patrick Zaki conseguì la laurea a distanza, con tesi su media, giornalismo e impegno pubblico, valutata 110 e lode. La sentenza arrivò il 18 luglio 2023 con la condanna a tre anni per aver denunciato la discriminazione dei cristiani, il giorno successivo la grazia di al-Sisi che gli consentì di uscire dal carcere dopo 22 mesi di detenzione.