La ricchezza privata in Italia – patrimonio immobiliare e risparmio liquido – è tra le più elevate in Europa. Altri dati rilevano che gli italiani hanno subito nell’ultimo decennio la più grande caduta del Pil pro-capite tra nazioni comparabili, cioè una riduzione della loro capacità finanziaria personale (in media). Questa è l’immagine di un Paese ancora ricco, nel passato molto più ricco di quanto si pensasse, ma in declino. A ciò si aggiunga un altro dato: la quantità di denaro liquido che rimane non impiegata in qualche tipo di investimento sui conti bancari è tra le più elevate al mondo.
Significato? Mediamente, gli italiani sono pessimisti o comunque non sufficientemente ottimisti sul loro futuro economico e quindi tengono una quantità più che prudenziale di soldi, congelata in riserva per possibili emergenze famigliari. Quali film si possono sviluppare da questa fotografia? Preoccupa uno dell’orrore. Sta montando in ambiente europeo, in particolare nordico, l’idea di forzare l’Italia ad applicare una tassazione elevata sui patrimoni privati per ridurre il debito pubblico perché tanto, dichiarano e scrivono anche personaggi tecnici – perfino sostenendo che tale operazione sarebbe “da manuale” – oltre che politici perché gli italiani hanno una ricchezza sufficiente per sostenerla. In realtà, sarebbe la fine dell’Italia a causa di una depressione non bilanciabile.
In Italia, poi, aumentano le voci “tecniche” che ritengono inutile ridurre le tasse perché la mancanza di fiducia porterebbe le persone ad aumentare il risparmio prudenziale invece che i consumi, annullando la stimolazione fiscale della crescita. Da un lato, il problema c’è. Dall’altro, oltre a non essere un buon motivo per non ridurre le tasse, il problema va risolto con la produzione di più fiducia per il futuro, compito primario della politica.
E proprio l’aumento della fiducia, e quindi della crescita attraverso l’impiego di più risparmio per gli investimenti, permetterebbe di rigettare la pressione pro tassa patrimoniale. Ma quale politica può produrre una fiducia sufficiente? Quella in atto non ci sta riuscendo perché il compromesso conflittuale tra “sviluppisti” e “assistenzialisti” genera incertezza. Ciò segnala la priorità di un chiarimento politico: o di qua o di là. Inoltre, l’aumento della fiducia in Italia richiede che la sua sovranità sia convergente e contributiva nei confronti dell’Ue, rafforzandola, e non divergente e rivendicativa.