Nelle stanze dei palazzi della politica si discute, si ascolta, si attende. Il responso sulla nomina del futuro Premier giungerà a giorni e, già durante l’intero iter delle consultazioni avviate dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, si è potuto osservare la tensione sui visi dei molti esponenti del precedente esecutivo. Il momento delle dimissioni del già capo di Governo Prof. Avv. Giuseppe Conte ha occupato poco tempo nell’agenda del Palazzo del Quirinale: si legge di mezz’ora di dialogo che, fatta eccezione dei vari convenevoli, delle molte frasi di rito, e di quant’altro, potrebbe far immaginare a un congedo finale basato sul più classico dei “le farò sapere”.
Ora l’Italia ha la possibilità di poter cambiare e siamo certi che ogni decisione del nostro presidente della Repubblica sarà sicuramente la migliore e nel solo interesse degli italiani. L’agenda del nuovo esecutivo è già scritta e non potrà subire mutamenti: il nostro Paese deve seguirla ed essere traghettato fino alla prossima elezione del Capo dello Stato per poi concludere la legislatura vigente. Nulla di più, nulla di meno, ma, ancor più, nulla al caso.
In tale ottica, un vero e proprio segno di cosiddetta discontinuità potrebbe arrivare attraverso la nomina di un neoeletto Premier al femminile: sono molte le personalità sulle quali poter puntare e di certo la loro indubbia preparazione non mancherebbe per poter affrontare al meglio il prossimo biennio di Governo. Lo ripetiamo: ogni scelta dal Capo dello Stato sarà certamente quella più corretta e adeguata. Attendiamo.
Prescindendo da chi sarà il futuro Presidente del Consiglio dei ministri vogliamo rivolgere a quest’ultimo un appello all’insegna del tanto atteso cambiamento ovvero l’avvio del sempre decantato e mai soddisfatto tema delle riforme. Siamo consapevoli che l’Italia sembra essere un territorio oggetto di completa riforma, ma, al momento, riteniamo sufficiente la messa in opera (almeno) di quella che può agevolare un rilancio dell’intero sistema paese.
A supporto di questa esigenza viene in aiuto l’approvato Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che, nelle sue prime pagine, illustra le cosiddette “riforme che accompagnano l’Italia sul sentiero della ripresa e della resilienza” dove, dopo un primo cenno al sistema giudiziario, prende forma la «riforma di alcune componenti del sistema tributario italiano, in particolare l’Irpef, per renderlo più equo, semplice ed efficiente» mediante «una revisione complessiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche nel segno dell’equità e della progressività, accompagnata da una costante azione di lotta all’evasione e incentivazione della tax compliance». Inoltre, si legge, come «la riforma sarà finalizzata ad una riduzione delle aliquote effettive sui redditi da lavoro, dipendente ed autonomo, in particolare per i contribuenti con reddito basso e medio-basso, in modo da aumentare il tasso di occupazione, ridurre il lavoro sommerso e incentivare l’occupazione delle donne e dei giovani».
Se solamente questi elementi si concretizzassero nel corso dei prossimi mesi siamo certi che l’Italia ritornerebbe a essere uno dei Paesi con maggiori attrattive nel contesto europeo. Di segno opposto, invece, un eventuale inasprimento fiscale che, mai come oggi, favorirebbe una migrazione di interessi (e di capitali) oltre i confini del Bel Paese.
A questa inopportuna ipotesi deve esser ricondotta quella periodica tesi sull’introduzione della sbandierata patrimoniale. Appare inutile soffermarsi sui relativi pro e contro dei rispettivi schieramenti poiché, adesso, ciò che necessita il nostro Paese è “semplicemente” la ricerca dell’ormai perduto benessere sociale ed economico che la pandemia (e non solo) ha usurpato nel corso dell’ultimo anno. Inoltre, a ben vedere, il ricavato di una tale azione non impatterebbe significativamente sui conti dello Stato, ma, al contrario, è plausibile immaginare una massiccia “fuga di capitali” che, sommata all’attuale evasione e sommerso fiscale, comprometterebbe ogni possibile dialogo in chiave futura con l’Europa.
È pur vero ricordare come il nostro Paese sia molto ricco. Nel recente Wealth Report 2020 di Knight Frank l’Italia viene vista in crescita (nel 2024) come numero di cittadini High Net Worth Individual (HNWI) ossia con patrimonio mobiliare superiore al milione di dollari a quota 1.972.163; a questi si aggiungeranno altri 12.508 individui che possiedono un patrimonio di oltre trenta milioni di dollari (cosiddetti Ultra High Net Worth Individual).
Nonostante questi dati, e la loro potenziale evoluzione nel tempo, l’introduzione di una patrimoniale – adesso – appare inadeguata soprattutto se attuata da un (nuovo) esecutivo che non trova la sua diretta riconducibilità alla volontà popolare. Che la propaganda lasci il posto alla politica, quella vera, quella che nei prossimi giorni potrà riappropriasi del proprio scranno perduto e, magari, se vorrà, anche di agire nell’interesse pubblico.