Qualche appunto sparso sul ritorno dell’ipotesi-patrimoniale è inevitabilmente poco dissimile dai precedenti.
Il primo e principale riguarda l’incertezza (l’equivoco?…) di politica finanziaria che continua ad avvolgere gli obiettivi, prima ancora che gli strumenti. La patrimoniale serve per ridurre il debito pubblico (che nell’ultimo Def ha raggiunto quota 147,5% sul Pil)? Oppure è finalizzata a una manovra macro-redistributiva interna del reddito? Oppure ancora – e questa è in effetti una novità – è dettata oggi dalle esigenze (ancora molto generali e poco definite) dell'”emergenza infinita” che dalla pandemia globale è rapidamente trasmutata nella “confrontation occidentale” con la Russia in Ucraina?
La prima declinazione di una possibile patrimoniale in Italia è stata affermata in termini eurotecnocratici dal governatore della Banca d’Olanda Klaas Knot, pochi giorni prima del voto europeo del 2019. In un’intervista al Corriere della Sera Knot prospettò che non era più rinviabile l’uso del giacimento di ricchezza finanziaria privata delle famiglie italiane (fino a 10mila miliardi, a seconda delle stime e dell’inclusione degli asset immobiliari) per abbattere un debito ormai alla deriva rispetto allo standard del 60% sul Pil fissato dai Trattati di Maastricht. Subito dopo l’euro-voto (che aveva segnato in Italia una netta affermazione della Lega e un’ennesima sconfitta del Pd), la Commissione Ue uscente aprì una clamorosa procedura d’infrazione contro Roma per eccesso di debito. La procedura rientrò poche settimane dopo: con il successivo “ribaltone” di governo che espulse la Lega dalla maggioranza e rifece spazio ai “dem”, nel trasformismo europeista del Premier grillino Giuseppe Conte.
Una classica patrimoniale redistributiva continua ad avere molti sostenitori diversi. Il più noto ed esplicito – anche negli ultimi giorni – è stato il Segretario generale in carica della Cgil, Maurizio Landini: punto di sintesi di molte “sinistre”. Ma fra i “patrimonialisti” non mancano un leader del Pd come Matteo Orfini o uno di Sinistra Italiana come Nicola Fratoianni. Agli stessi richiami sono sensibili settori cattolici orientati al più recente magistero sociale della Chiesa e segmenti della galassia M5S (il Reddito di cittadinanza in salsa grillina ha nette venature di redistribuzione strutturale). Lo stesso Roberto Gualtieri, ex Pci-Ds, ministro dell’Economia nel Conte-2 e oggi Sindaco di Roma, riteneva che ogni imponibile oltre i 70mila euro fosse da considerare “ricco”, quindi oggetto di attenzioni specifiche in sede di prelievo fiscale (del resto le tasse erano “bellissime” per il duo al vertice del Mef nel Prodi-2: l’eurocrate Tommaso Padoa-Schioppa e l’economista comunista Vincenzo Visco).
La “patrimoniale d’emergenza” sembrava tornata ipotesi teorica dopo il varo del Recovery Fund e la sospensione dei parametri di Maastricht. Pareva essersi trasformata in una prospettiva meno dura: nel cantiere di un nuovo “patto europeo” in cui ciascuno Stato membro avrebbe potuto ridisegnare un percorso di rientro in un quadro di compatibilità economico-finanziarie nuove. Non è un orizzonte tramontato, anzi: la crisi ucraina e la probabile rielezione di Emmanuel Macron alla presidenza francese rendono più credibile una grande riforma della governance europea. Nella quale, certamente, potrebbero essere incluse manovre finanziarie straordinarie da parte di singoli Paesi-membri, ma nel quadro di decisioni europee (prevedibilmente dopo il varo di un vero “Fiscal compact” e la creazione di un ministro delle Finanze Ue).
È evidente anche che oltre alla ricostruzione post-Covid – già in agenda – la transizione energetica (resa più strategica dalla “guerra del gas”) e lo sviluppo di un sistema europeo di difesa preannunciano sforzi finanziari eccezionali e quindi anche una possibile “fiscalità straordinaria”. Ma resta più probabile il ricorso agli eurobond (quindi la mobilitazione del risparmio sul mercato – anche se entro qualche forma di dirigismo) piuttosto che la resurrezione del vecchio armamentario novecentesco: statalista e ideologico (sovietico). Perfino Joe Biden sta resistendo al massimalismo dei “dem” radical su una tassazione punitiva sui alti redditi e patrimoni. Non dimentica che la riforma fiscale di Trump – di segno opposto – ha funzionato – e continua a funzionare – nel sostenere la crescita Usa.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.