Lo spettro della patrimoniale torna a riaffacciarsi sull’Italia. Il perché è presto detto. In autunno bisognerà approntare una Legge di bilancio con cui disinnescare le clausole di salvaguardia, che comporterebbero diversamente l’aumento dell’Iva, per una cifra pari a 23 miliardi di euro. Non bisogna poi dimenticare che nel Def varato circa un mese fa, il Governo ha previsto di arrivare alla fine dell’anno con un rapporto deficit/Pil pari al 2,4%, anziché al 2,04% preventivato alla fine del 2018, tramite privatizzazioni pari a 18 miliardi di euro. Va da sé che se nell’arco dei prossimi mesi non venissero realizzate queste privatizzazioni, andrebbero comunque messi sul piatto 18 miliardi di euro per evitare un deficit/Pil altrimenti ben oltre il 3%. Ecco dunque che da qui alla fine dell’anno, per il Governo diventa importante riuscire a reperire più di 40 miliardi di euro.
PATRIMONIALE, IL PRECEDENTE DI MONTI CON L’IMU
Tutto questo senza considerare eventuali provvedimenti come la flat tax, che comporterebbero la necessità di reperire altri fondi. Dunque non restano molte strade per far quadrare i conti: tagliare la spesa o aumentare le entrate. Ed è qui che entra in scena la patrimoniale, l’imposta che viene vista spesso come “equa”, in quanto andrebbe a colpire, come dice il nome stesso, chi ha dei patrimoni. Il fatto è che in Italia si è già avuta una patrimoniale ai tempi del Governo Monti, attraverso l’introduzione dell’Imu: non si sono colpiti quindi grandi patrimoni, ma tutti i proprietari di case, anche chi magari l’ha acquistata con un mutuo e non utilizzando una grande cifra già in suo possesso. Per questo motivo lo spettro della patrimoniale fa tremare gli italiani: sanno che alla fin fine, e viste anche le cifre in gioco, a essere tassati non sarebbe solo i più ricchi.