Patrizia Guerra è stata definita “mamma-coraggio” da chi la conosce e ha visto con i propri occhi la lotta di questa donna contro le baby gang. “Prima bullizzata e poi bulla” spiega alle pagine di La Repubblica. “Ed è certamente questa mia storia che mi ha consentito di non sottovalutare mai il dramma che ancora sta vivendo mio figlio e tutti i ragazzi come lui. Tanti, troppi. E che spesso restano in silenzio, senza denunciare, senza ribellarsi, per paura o anche solo perché nessuno li ascolta”.
Patrizia Guerra conosce bene la sofferenza dei ragazzi bullizzati. “Mi avevano preso di mira per la mia timidezza” racconta infatti. “Ero alle scuole medie: mi portavano via la merenda, mi rinchiudevano in bagno, mi rubavano le matite, mi prendevano in giro, mi davano schiaffi. Quanto basta, a quell’età, a farti crollare l’autostima, a farti sentire debole, inferiore”. E poi l’incontro che la porta dall’altra parte della barricata: “Un giorno stavo seduta su una panchina a piangere quando mi avvicinò un signore. Mi propose di andare nella sua palestra di karate. Lui voleva propormi un’attività che mi impegnasse, io andai perché pensavo che sarei diventata più forte e avrei potuto vendicarmi”.
Patrizia Guerra, la “mamma-coraggio” che lotta per il figlio e per tutti i ragazzi vittime delle baby gang
È ancora una volta il karate a cambiarle la vita, quando il suo maestro la mette davanti a una scelta a cui Patrizia Guerra non può sottrarsi: “O affronti quello che hai dentro adesso e lo sconfiggiamo, oppure ti giri e te ne vai”. Da allora, Patrizia Guerra non è più né bulla né bullizzata: è una donna determinata che lotta per la sicurezza di suo figlio e di tutti i ragazzi di Ancona. “Trent’anni fa era un bullismo diverso, si faceva pace, io con quelli a cui ho dato botte sono rimasta amica” racconta a La Repubblica. “Oggi questi qui non sanno neanche cosa sia la pace, sono criminali, ti lasciano steso per terra e non vogliono cambiare. Ma non possiamo rimanere a guardare”.
Nelle sue parole c’è molta preoccupazione per il figlio, vittima di ben tre aggressioni. “Si sta riprendendo, ma non posso dire che stia bene. Paura, attacchi di panico. A dicembre, dopo l’ultima aggressione, ho dovuto licenziarmi dalla scuola dove ero stata appena assunta. Dovevo stargli vicina, senza di me non riusciva a muovere un passo. Aveva terrore anche della mia battaglia contro l’omertà dei genitori che non denunciano e l’indifferenza degli adulti che si girano dall’altra parte”. Patrizia Guerra, “mamma-coraggio”, racconta di essersi trovata “davanti allo stesso bivio di tanti genitori: o minimizzi e giustifichi il problema o lo affronti e io ho scelto la seconda strada”. A oggi, finalmente, “anche le istituzioni cominciano a darci ascolto. E anche il Papa a cui avevo scritto ci ha risposto con una lettera di incoraggiamento, invitandoci tutti ad andare avanti e a non avere paura. Per mio figlio è stata una grande iniezione di fiducia”.