C’è anche il grande Patrizio Oliva in collegamento stamane con “C’è Tempo Per…” su Rai Uno. Il pugile di Napoli è impegnato da tempo in uno spettacolo teatrale presso il teatro di Capodimonte: “Raccontiamo i classici come l’Odissea, l’Orlando Furioso, l’Eneide, con Margherita Granbassi e Maddaloni. E’ una bella rassegna, una cosa molto bella per il teatro. ognuno di noi in questo spettacolo ho scritto un monologo e io ho voluto raccontare la paura del pugile prima di salire sul ring, una paura che anche l’attore ha prima di entrare in scena, paura di sbagliare… e quindi c’è la stessa identica paura”. Si parla quindi dell’Oliva padre: “Ho 3 figlie femmine mi sono diplomato e poi mi sono laureato in scienze turistiche, è stata una sfida e posso dire che non è mai tardi per imparare, studiare e realizzare i propri sogni. La cosa importante da trasmettere ai nostri figli – conclude – è quella di provarci, se ci provi nello sport ci proverai anche nella vita”. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
PATRIZIO OLIVA: “LA MIA VITA È STATA UN’AVVENTURA TRAGICA. AI GIOVANI DICO…”
Campione olimpico di pugilato a Mosca 1980, Patrizio Oliva sarà uno degli ospiti della puntata di oggi di C’è tempo per…, il programma di Rai Uno condotto da Beppe Convertini e Anna Falchi. Un’occasione unica per ripercorrere le gesta sul ring del boxeur napoletano, emblema vivente di quanto la forza di volontà sia in grado di plasmare il destino di un individuo. La sua storia è diventata prima un libro, poi uno spettacolo teatrale dal titolo Patrizio vs Oliva. Intervistato dalla Rivista Contrasti, qualche tempo fa Patrizio Oliva ha spiegato: “Se si crede in qualcosa, se si lotta, si combatte, si vince pure. Il mio spettacolo è una vera tragedia greca, perché la mia vita è stata una avventura tragica. Ho avuto purtroppo un padre violento, che a sua volta aveva vissuto una infanzia in un contesto violento, e che scaricava i suoi istinti su mia madre. Per sfuggire alle tentazioni della criminalità, sempre pronta, in un quartiere a rischio come quello di Poggioreale in cui sono cresciuto, ad arruolare giovani, mi sobbarcavo oltre 15 km a piedi per raggiungere la palestra in cui mi allenavo. Alla fine ce l’ho fatta, ne sono venuto fuori ed ho tenuto fede al giuramento che feci in punto di morte a mio fratello: per me una grandissima motivazione. Quando avanzava la stanchezza, quando mi mancavano le forze, pensavo a quel giuramento. A quel fratello, più grande di me, strappatomi sul più bello. Pensavo che io avevo avuto dalla vita il privilegio di esaltare il mio talento, a differenza sua che, pur essendo un predestinato all’Olimpo del calcio, perché fortissimo, aveva trovato la strada del successo sbarrata dal mostro del cancro”.
PATRIZIO OLIVA: “LO SPORT PUO’ SALVARE I GIOVANI”
Patrizio Oliva ha deciso di incanalare la sua popolarità a favore dei più giovani. In questo senso va interpretata l’azione della sua associazione “Milleculure”, senza la quale molti ragazzi non potrebbero avere accesso all’attività sportiva, veicolo fondamentale – soprattutto in alcune zone – per sottrarsi alla morsa della criminalità organizzata. Da napoletano, Patrizio Oliva sa bene cosa voglia dire per un ragazzo avere un’altra opzione rispetto a quella rappresentata dall’ingresso nelle baby-gang: “Solo lo sport può farlo, è l’unico strumento di accertata efficacia. Sport significa disciplina, rispetto dell’avversario, rigore, sacrificio, gerarchie. Valori che, traslati sul piano civile, delineano il buon cittadino. Ai ragazzi dico credeteci, praticate lo sport, reagite ai bulli denunciando, senza paura. Alle istituzioni invece rivolgo un appello perché si colpiscano le baby gang abbassando la soglia dell’età punibile”.
PATRIZIO OLIVA: “BISOGNA INVESTIRE NELLO SPORT”
Sempre nell’intervista a Rivista Contrasti, Oliva ha detto quale sarebbe il primo intervento che farebbe se fosse investito da responsabilità politica: “Incentiverei lo sport nelle scuole. È ridicolo come lo si fa da noi in Italia. Le ore di sport dovrebbero essere 7-8. Pensi che in Islanda, tanto per fare un esempio, avevano un problema con l’alcolismo giovanile e le baby gang. Hanno investito nello sport, più che triplicato le ore a scuole, e sono riusciti drasticamente ad abbattere le percentuali relative ai due fenomeni. In Italia dobbiamo seguire il canovaccio del nord Europa. Anche perché oggi la crisi della scuola riflette quella della famiglia, dove i genitori o sono autoritari o, mi consenta, di “ricotta”. Ci vuole la via di mezzo, quella dell’autorevolezza. Lo sport a scuola può aiutare a crescere i giovani e puntellare le famiglie, colmandone le carenze. Mi impegnerei per questo. E spalancherei le porte delle scuole, dei carceri minorili e degli altri luoghi di aggregazione, a quei personaggi che possono rappresentare dei modelli positivi cui ispirarsi: campioni dello sport, grandi attori, personalità della cultura, del mondo del lavoro ecc. L’universo dei giovani si alimenta di miti e simboli”.