Si è tenuta domenica 10 ottobre a Roma una delle ultime tappe del tour europeo 2021 di Patti Smith.

L’evento organizzato nell’ambito del progetto EUR Culture per Roma, all’interno della ricca prima stagione 2021 – 2022 di RIEMERGERE – con la direzione artistica di Oscar Pizzo – ha portato l’intramontabile sacerdotessa del rock a La Nuvola (Palazzo dei Congressi dell’Eur).



Smith fa il suo ingresso in scena accompagnata dai figli Jackson Smith (alla chitarra) e Jesse Paris Smith (al pianoforte) insieme a Tony Shanahan, per l’occasione al basso, tastiere e voce. Una formazione con la quale si muove ormai da diversi anni realizzando intensi live acustici.

La lunga chioma bianca, tratto distintivo di un’artista che ha sempre puntato su un’immagine tanto essenziale quanto unica, la rende sempre più eterea, eppure la sua presenza e la sua voce risultano così radicate che in certi momenti sembrano esplodere direttamente dalle viscere della terra.



La profondità raggiunta sul palco e l’intensità della sua performance sono il riflesso di chi è in pieno contatto con la propria essenza. Comunicare, connettersi, stare insieme alle persone, questo è il rock secondo Patti Smith, la cui energia cosmica è rimasta intatta (post-concerto ne abbiamo le prove!) e, se possibile, si è illuminata sempre di più nel corso degli anni.

Ad aprire la serata è Grateful brano che esprime pienamente l’attitudine e il sentimento di gratitudine con il quale la poetessa del rock si presenta davanti agli occhi ammirati di tutto il pubblico. Si fatica a contenere l’entusiasmo e anche a mantenere la distanza dal palco, soprattutto quando arrivano, poco dopo l’inizio del concerto, pezzi come Ghost Dance, o la successiva, magnifica, Dancing Barefoot.



Nella scelta dei brani che andranno a comporre l’intera scaletta musicale c’è un pensiero, un filo rosso, che lega tutto: l’amore per la vita, anche quando finisce. Perché di fatto – dirà nel corso della serata Patti Smith – non finisce mai, e anche chi non c’è più vive nella memoria di chi resta. Non si celebra mai la morte, ma sempre e comunque la vita, come sottolinea prima dell’esecuzione struggente di Beneath the Southern Cross.

Una vita intensa e stratificata quella di Patti Smith, intrecciata all’arte in tutte le sue forme. Impossibile separare il suo mondo musicale e in particolare il modo di stare sul palco dal suo vissuto, perché è lì che esprime pienamente se stessa.

Smith è in grado di instaurare con il pubblico un livello di interlocuzione intimo, altissimo, profondo, e quando canta non lo fa solo per i presenti, ma per l’Universo, di cui è figlia.

Durante il concerto mette l’attenzione su quanto possiamo fare la differenza per il pianeta muovendoci in una direzione comune. Condivide il progetto in cui è impegnata in prima linea Jesse Smith – Pathway to Paris – per la tutela e la salvaguardia dell’ambiente, con l’obiettivo di utilizzare sempre più fonti di energia rinnovabili, fino ad arrivare a zero emissioni, e insieme eseguono Wing, accompagnate dalla violoncellista Rebecca Foon.

Il concerto è un crescendo di bellezza senza tempo, incarnato da una Smith completamente a suo agio. Ogni tanto annuncia un brano, per poi accorgersi che in scaletta ce n’è un altro, ma con abilità raccoglie subito la complicità di tutti gli spettatori e spettatrici, ai quali strizza l’occhio con ironia, consapevole di quanto anche gli errori piacciano al pubblico. Forse perché riportano tutto a una dimensione più umana e questo ci aiuta a credere che lei sia di proprio di questo pianeta e non di un altro, come verrebbe da pensare.

Due le cover all’interno della serata: Blame It On The Sun di Stevie Wonder e One Too Many Mornings, Bob Dylan. Due momenti ad altissima intensità spirituale con i quali ci trascina anche nel mondo dei suoi ascolti.

Per l’artista il disarmo è la vera arma di consapevolezza di massa, e dovremmo ricordare, come uno dei suoi brani più celebri ci invita a fare, che il potere è nelle nostre mani. Quando arriva People Have The Power la platea è già esplosa, chiamata sottopalco da Patti stessa, che durante Gloria incita tutti ad avvicinarsi, invitando a stare attenti, avere cura di sé, degli altri, e bere molta acqua.

Una raccomandazione che aveva già fatto in uno degli audio della sua meravigliosa newsletter, attraverso la quale tiene aggiornato chi la segue e regala preziosi racconti delle sue giornate, piccole esperienze che le capitano, scritte, o registrate come se fossero rivolte alla sua più cara amica. (Io quando la ricevo è proprio così che mi sento e sono felice).

Smith invita alla gioia, alla resistenza, e porta in scena due aspetti fondamentali alla base della sua poetica, che meritano gratitudine: l’essere sopravvissuti e liberi. E non c’è niente che ce lo ricordi meglio di un concerto di Patti Smith.