Caos attorno al “patto di corresponsabilità”. Alcuni genitori denunciano l’esclusione dei propri figli da scuola perché non hanno firmato un atto che dal punto di vista giuridico non è vincolante. È accaduto, ad esempio, ad Alassio. Secondo quanto riportato da La Verità, alla scuola primaria guidata dalla dirigente scolastica Sabina Poggio un bambino non è entrato in classe perché non aveva il documento firmato. I genitori avevano spiegato le ragioni della propria contrarietà, ma ciò non è bastato. Allora si sono presentati dai carabinieri per sporgere denuncia, ma i militari dell’Arma hanno consigliato loro di far mandare dall’avvocato una lettera di diffida alla preside. Così hanno fatto, ma la situazione non è cambiata. Il patto di corresponsabilità, come vi abbiamo spiegato in un precedente approfondimento, è stato introdotto dall’allora ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini. Quel documento, trasformato in norma nel 2007, oggi presenta delle novità a causa del Covid. Pur non avendo alcuna fisionomia giuridica, alcune scuole hanno deciso di procedere con l’esclusione degli alunni che non hanno portato il documento firmato. «È richiesta la sottoscrizione da parte dei genitori». La formula è vaga, non chiarisce che si perde il diritto costituzionale all’istruzione.



PATTO DI CORRESPONSABILITÀ, NIENTE FIRMA? ALUNNI ESCLUSI

Anna Pettinaroli, consulente finanziaria di Casaraza Ligure, ha sempre firmato col marito il patto di corresponsabilità, «ma il nuovo documento è altra cosa». A La Verità spiega che nello specifico i genitori «devono impegnarsi a rispettare una serie di misure anche nei confronti della comunità scolastica, in cambio non abbiamo garanzie». Come altri genitori, anche loro hanno comunicato che non avrebbero firmato il patto di corresponsabilità. A loro è stato comunicato che i bambini non sarebbero stati accolti a scuola, cosa che però nel loro caso è avvenuta dopo che hanno mandato lettera di diffida. «Nei patti ci sono obblighi, che non hanno un referente normativo. Così pure il tampone, che è una prestazione sanitaria, non me lo può imporre una linea guida che è un atto amministrativo», spiega l’avvocato Stefano Sibelja a La Verità. A proposito di questioni irrisolte, c’è quella del certificato per la riammissione in classe che devono compilare i pediatri. Questi sono sommersi da telefonate di genitori che chiedono il tampone per il loro figli a causa dei sintomi che in questa stagione sono normali, ma che vanno distinti dall’infezione da coronavirus.

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