Cosa ci sarà sotto l’albero di Natale che le istituzioni dell’Unione europea stanno ormai predisponendo in quel di Bruxelles? Quali regali affideranno a Babbo Natale per i quasi 450 milioni di cittadini dell’Unione?

Sappiamo ormai da alcuni giorni cosa c’è e cosa non c’è sotto l’albero di Francoforte, quello eretto nel cortile della Bce. Non c’è l’ennesimo aumento dei tassi della Banca centrale, ma neppure l’annuncio di un loro possibile abbassamento da qui ai prossimi mesi, quello che sarebbe stato in effetti un bel regalo per le economie dei 27 Stati membri.



Parziale delusione dunque dall’albero di Francoforte e trepidante attesa per quello di Bruxelles, sui regali del quale i decisori europei risultano tuttavia ancora in alto mare. Qui l’attesa è tutta sulle nuove regole di finanza pubblica che molti si auspicano non arrivino proprio, dato il loro potenziale effetto carbone per molti dei Paesi destinatari. E il nostro Primo ministro ha giustamente detto di non poter approvare un nuovo Patto di stabilità che nessun Governo potrebbe essere in grado di rispettare.



Sull’incapacità di decidere si è anche espresso il ministro dell’Economia Giorgetti, sostenendo che l’Ue è incapace di prendere decisioni in maniera tempestiva e strategica: “Quello che ho capito è che manca la dimensione politica dell’Europa”.

In effetti per poter decidere azioni comuni bisognerebbe prima, attraverso la discussione, convergere su obiettivi comuni. Prima si decide la meta e poi si individua la strada migliore per quella meta. Ma non si può definire la rotta se prima non si è individuata la destinazione.

Qual è infatti la meta dell’Europa? A differenza dei tempi in cui Kissinger era Segretario di stato Usa, ora l’Europa ha un numero di telefono a cui può essere chiamata, ma dispone anche di obiettivi noti? Come ricordava l’ottimo Seneca non ci sarà mai buon vento per il marinaio che non sa dove andare. E in molti momenti le istituzioni europee sembrano guidate proprio da marinai di Seneca.



Sperando che nessuna nuova regola venga definita se è, come è probabile che sia, una cattiva regola, occorre anche  comprendere cosa potrebbe valere in un periodo transitorio necessario per stabilire le nuove. E l’ipotesi più ragionevole è di proseguire anche per l’anno nuovo il regime di deroga e disapplicazione delle vecchie regole adottato durante gli anni del Covid, lasciando agli Stati membri di proporre in autonomia, ma farsi poi approvare, obiettivi e percorsi ragionevoli, argomentati e documentati, di riequilibrio fiscale che non ostacoli la crescita economica.

E se questo metodo dovesse funzionare si potrebbe poi abbandonare del tutto l’inutile ricorso a regole rigide che in passato, come abbiamo anche qui dimostrato in relazione all’Italia degli anni 2011-2014, hanno prodotto l’effetto esattamente opposto agli obiettivi che si prefiggevano: accelerare la crescita del rapporto debito/Pil grazie a strette fiscali insensate che solo in teoria avrebbero dovuto invece ridurre.

Gli obiettivi di sostenibilità del debito pubblico si conseguono, infatti, solo grazie alla crescita economica che deve essere accompagnata da comportamenti coerenti di finanza pubblica, ma essi non possono in alcun modo essere sostitutivi delle crescita. E la crescita è purtroppo scomparsa già da un anno a questa parte dagli schermi dei Paesi dell’Euro area e senza significative inversioni di rotta potrebbe trasformarsi in recessione o comunque in una lunga stagnazione.

Grafico 1 – Pil reale dell’Euro area e dei principali paesi (tassi annui o annualizzati)

Il Grafico 1 riporta i tassi di crescita tendenziali del Pil reale dell’Euro aerea del III trimestre 2023 e dei principali Paesi aderenti, messi a confronto col tasso annualizzato dell’ultimo semestre e quello annualizzato dell’ultimo trimestre, al fine di evidenziare la decelerazione. Da esso emerge quanto segue.

– Per l’intera Euro area e la Germania difficoltà a restare a una crescita zero;

– In Grecia, Francia e Portogallo scomparsa della precedente crescita;

– Recessione netta in Austria, Finlandia, Svezia e probabilmente anche Olanda;

– L’Italia sulla linea di galleggiamento, forse appena sopra;

– Solo Belgio e Spagna con valori positivi.

A cosa servono nuove regole di finanza pubblica con questi numeri sulla non crescita, il vero “regalo di Natale” sotto l’albero di Bruxelles?

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