Emmanuel Macron e Mario Draghi, con il loro intervento a quattro mani sul Financial Times, hanno reso palese quel che già si era intuito nelle scorse settimane: l’esistenza di un asse tra Roma e Parigi per cambiare le regole del Patto di stabilità, che “non hanno creato gli incentivi giusti per dare priorità a una spesa pubblica che guardi al futuro e rafforzi la nostra sovranità – ad esempio gli investimenti pubblici”. I governanti di Italia e Francia spiegano che “così come non abbiamo permesso che le regole ostacolassero la nostra risposta alla pandemia, allo stesso modo non dovranno impedirci di intraprendere tutti gli investimenti necessari”. Dunque il semestre di presidenza francese dell’Unione europea, che inizierà tra pochi giorni, diventerà il momento chiave per portare avanti la richiesta di scomputare alcuni investimenti pubblici, come quelli riguardanti le transizioni ecologica e digitale, dal deficit/Pil. Resta da capire se tale proposta può essere accolta dalla Germania, dove da è da poco entrato in carica il nuovo Governo guidato da Olaf Scholz ed è stato appena eletto Joachim Nagel alla guida della Bundesbank. «A me pare – di dice l’economsta ed ex ministro delle Finanze Francesco Forte – che in Germania, per quanto la situazione non sia semplice, prevalga la linea socialdemocratica e che i rigoristi, rispetto all’era Merkel, abbiano meno spazio e siano meno fondamentali. Non bisogna poi trascurare un dettaglio importante».



Quale?

La nuova strategia fiscale e monetaria europea permissiva è stata sì dettata dal desiderio di superare la crisi pandemica, ma ha anche fornito maggior potere alla burocrazia europea che difficilmente vorrà rinunciarvi, senza dimenticare che tendenzialmente una volta create le istituzioni o i programmi è difficile che vengano cancellati di colpo. Unendo a ciò il fatto che la sinistra tedesca dovrebbe avere interesse ad affrontare le questioni sociali, mi sembra che si arrivi inevitabilmente alla revisione del Patto di stabilità.



Nella direzione che Francia e Italia in queste settimane sembrano indicare?

Dopo la Brexit, è chiaro senza uno tra Germania, Francia e Italia (se vogliamo anche la Spagna) crollerebbero Ue ed euro. Negli ultimi mesi la nostra economia ha avuto un’ottima crescita, nonostante un mercato del lavoro ingessato, e da tempo l’Italia registra performance straordinarie nel commercio estero. Nonostante tutti i difetti che i Paesi frugali ci hanno contestato. abbiamo la miglior performance nella somministrazione dei vaccini, come ha ricordato Draghi nella conferenza stampa di fine anno. Insomma, al nostro Paese converrebbe non stare nell’euro se il Patto di stabilità non cambiasse. Quindi, deve essere rivisto. Anche perché il crollo dell’Italia non avrebbe certo le conseguenze di quello della Grecia.



Alla Germania conviene dunque accettare le modifiche richieste per non far crollare l’euro?

C’è di più. La stessa Francia, comprandoci, ha di fatto bisogno di noi, anche per produrre, visto che in settori importanti come lusso, moda e cibo vende made in Italy. La stessa Agenzia spaziale europea cosa sarebbe senza l’Italia e le sue tecnologie?

Restando sempre in Germania, pensa che con l’elezione di Joachim Nagel a capo della Bundesbank vedremo un pressing tedesco sulla Bce stanti i livelli elevati e crescenti dell’inflazione?

Io ho l’impressione che la Coalizione semaforo sia fragile, non abbia la stessa forza del “carro armato” Merkel. La Germania politicamente è quindi diventata poco incisiva. In più ha una situazione finanziaria e bancaria non proprio florida. Quindi, non credo che la Bundesbank sia più in grado di dettare la linea. E non credo si possa pensare ormai a una Bce “non interventista”, com’era prima di Draghi: come ho detto poc’anzi, quando si acquista un potere, in questo caso grazie alla politica monetaria espansiva, è molto difficile tornare indietro e rinunciarvi.

Lagarde userà al meglio questo potere?

La Lagarde segue le politiche che sono state tracciate da Draghi e che sono chiaramente a favore della Francia, Paese che si è molto indebitato e che in questo momento non ha una guida politica molto salda, visto che Macron è in scadenza di mandato e la sua rielezione è tutt’altro che certa. Ovviamente questo gioca a favore della posizione di Roma e Parigi.

(Lorenzo Torrisi)

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