Il commissario all’Economia Valdis Dombrovskis ha confermato che a Bruxelles si sta lavorando per definire modalità e dettagli dell’attivazione della clausola di sospensione del Patto di stabilità e crescita relativamente alla spesa per la difesa dei Paesi membri dell’Ue annunciata alla fine della scorsa settimana dalla Presidente della Commissione Ursula von der Leyen. E, come ci spiega Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, i dettagli possono fare realmente la differenza.
Professore, anzitutto cosa pensa della possibilità che le spese per la difesa non vengano conteggiate nel deficit dei Paesi membri dell’Ue?
Un’osservazione preliminare che mi sento di fare è che questa possibilità favorirà in modo differenziato i Paesi membri, in quanto hanno livelli di spesa per la difesa, anche potenziali, tra loro diversi. Per fare un esempio banale, un Paese piccolo avrà certamente bisogno di meno mezzi pesanti rispetto a un Paese più grande. Un impatto differenziato lo si avrebbe anche se venisse posto un limite alla spesa per la difesa in deficit parametrato rispetto al Pil. In ogni caso l’annuncio della von der Leyen potrebbe anche avere vantaggi non marginali per l’economia europea.
In che modo?
Dipende da come verrà dettagliata concretamente la proposta. Se l’attuale spesa per la difesa di un Paese non venisse conteggiata ai fini del Patto di stabilità e potesse quindi essere utilizzata per altre voci del bilancio pubblico, si avrebbe certamente la possibilità di una qualche ripresa in settori più vicini alle necessità delle famiglie. Se invece venisse imposta la necessità di lasciare invariate le altre voci di spesa, l’impatto per l’economia in generale sarebbe più limitato, ma si riuscirebbe a compiere un passo in avanti sul fronte dell’unità europea.
In ogni caso un vantaggio importante potrebbe essere colto dai Paesi che hanno un’industria militare, anche extra-Ue come gli Stati Uniti…
Sì, c’è anche questo aspetto da considerare. I Paesi che hanno attività nel settore della difesa potrebbero certamente avere qualche ricaduta positiva in più rispetto a quelli che non ne sono dotati. Sappiamo anche che la spesa per la difesa può offrire l’occasione di creare innovazioni utili anche in campo civile.
Sarebbe in ogni caso meglio far sì, come ipotizzava prima, che l’Ue consentisse di destinare le risorse attualmente utilizzate per la difesa ad altre voci di bilancio. A quale andrebbe data precedenza?
L’impatto delle risorse che verrebbero rese disponibili dipende da decisioni fondamentalmente legate alla politica. Personalmente ritengo sarebbe meglio, nella situazione in cui ci troviamo, fare in modo che vengano utilizzate per dare respiro al potere d’acquisto delle famiglie, banalmente tramite maggiori servizi come la sanità e l’istruzione. Va anche detto, sempre a proposito dei Paesi che hanno imprese attive nel settore della difesa, che non è da escludere che un aumento della loro attività significhi avere nel complesso del sistema economico meno posti di lavoro.
In effetti se siamo in una situazione di crisi dell’industria, come quella che vediamo per esempio nell’automotive, è difficile pensare che tutti gli esuberi possano essere assorbiti dal settore della difesa…
Esattamente. La cosa migliore a questo punto sarebbe trovare il modo di sostenere l’industria civile tradizionale. Spero che l’apertura della von der Leyen sulle regole fiscali possa diventare anche occasione per affrontare meglio un problema, quello delle difficoltà dell’industria, avvertito in tutta Europa.
Su tutte queste considerazioni aleggia l’incognita della posizione che avrà la Germania, che domenica andrà al voto. Sarà un fattore chiave?
Da sempre la posizione della Germania sulle regole fiscali europee è importante. Vista la gravità del momento, c’è da sperare che le elezioni tedesche non ci consegnino delle brutte sorprese e che vi sia la possibilità di prendere le decisioni migliori per la sicurezza e l’economia dell’Ue.
(Lorenzo Torrisi)
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.