LE PRIME REGOLE UE DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ

«Per un quarto di secolo, il Patto di stabilità e crescita ha fornito una base condivisa per le politiche fiscali dell’Ue e un sostegno essenziale per l’Unione economica e monetaria. Tuttavia, le carenze del Patto sono state anche fin troppo evidenti, sia che si guardi allo sviluppo del debito pubblico nell’Ue, che ai livelli di investimento o alla nostra performance di crescita economica negli ultimi due decenni»: lo ha detto il commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni, presentando a Bruxelles le nuove regole della riforma sul Patto di Stabilità messa a punto dalla Commissione Europea. «La giornata di oggi segna l’inizio di un nuovo capitolo di questa storia, in cui trovare l’unità sarà altrettanto importante. Non vediamo l’ora di impegnarci con gli Stati membri e con il Parlamento europeo, per spiegare, persuadere e rassicurare. In breve, per aiutare a costruire un consenso per colmare le differenze ancora esistenti tra gli Stati membri», rileva ancora l’ex Premier nella conferenza stampa con il vicepresidente della Commissione Dombrovskis.



Primaria la proposta di misure di salvaguardia sulla sostenibilità del debito: sebbene restano invariati i valori di “riferimento” – 3% e del 60% del pil per il deficit e il debito – le nuove proposte promuovono «maggiore titolarità nazionale attraverso piani strutturali di bilancio a medio termine preparati dagli stati membri, all’interno di un quadro comune dell’Ue con sufficienti garanzie». I 27 infatti potranno indicare obiettivi di medio termine (4 anni) su come intendono affrontare riforme e squilibri macroeconomici, indicando solo un reale indicatore di spesa. I piani dei singoli stati – estendibili di 3 anni – saranno valutati prima dalla Commissione e poi votati dal Consiglio Ue, sulla scia di quanto avvenuto ad esempio sul PNRR: come spiega Italia Oggi nel focus sul Patto di Stabilità, «Gli Stati con disavanzo oltre il 3% del pil o debito oltre il 60% del pil, dovranno garantire che il debito abbia un calo plausibile o resti prudente nel piano e che il deficit scenda o resti al di sotto del 3% nel medio termine». E’ previsto poi un “aggiustamento fiscale minimo” pari allo 0,5% del Pil ogni anno per i Paesi che si trovano al di sopra del 3% nel disavanzo deficit-Pil, a prescindere dal fatto se sia stata attivata o meno una procedura per deficit eccessivo: tale soglia minima, spiega un funzionario Ue all’Adnkronos, «si applicherà, con ogni probabilità, all’Italia […] si può stimare che in caso di traiettoria quadriennale lo sforzo di riduzione del deficit da realizzare sarà probabilmente superiore a questa soglia, mentre in caso di traiettoria settennale è probabile che la soglia dello 0,5% del Pil si applichi per un “periodo significativo” del settennato». Sul nuovo Patto di Stabilità resta lo scetticismo della Germania che intende modificare l’impianto di “gradualità” nella riduzione del debito già a partire dai propri vertici Ue.



OGGI LA UE PRESENTA LA RIFORMA DEL PATTO DI STABILITÀ: LE ULTIME NOTIZIE

«Sulle nuove regole fiscali stiamo preparando una proposta legislativa per mercoledì, siamo sulla buona strada»: così il vice presidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis spiegava alla vigilia della riforma Ue sul Patto di Stabilità e Crescita Europeo l’importanza dell’evento in arrivo oggi a Bruxelles. Accompagnato negli ultimi mesi da lotte intestine tra i 27 partner Ue, il Patto di Stabilità – ricordiamo messo in “pausa” negli ultimi anni prima per la pandemia Covid e poi per la crisi energetica legata alla guerra in Ucraina – dovrebbe tornare operativo dal 2024



«Il tema è avere un bilanciamento: da una parte fornire più flessibilità per gli stati membri e dall’altra parte preservare trasparenza, un trattamento comune degli stati membri con benchmark numerici», rileva ancora la Commissione Ue, «Spero che quando saremo pronti a condividere questa soluzione di bilanciamento la presenteremo», conclude Dombrovskis. Ieri in audizione ha parlato anche il commissario agli Affari Economici Ue Paolo Gentiloni spiegando l’importanza di questa riforma per il futuro economico dell’Unione: «Sono soddisfatto della riforma e lo sarà anche Berlino», rileva l’ex Premier italiano. Le nuove regole che dovrebbero essere contenute nella riforma sui conti pubblici Ue – anticipate a novembre dalla Commissione – prevede l’archiviazione della regola sul calo del debito pubblico del 5% all’anno negli Stati con indebitamente eccessivo (Italia compresa). Si passa invece a «percorsi di aggiustamento concordati da ciascun Paese sulla base di un’analisi della sostenibilità del debito, con accordi individuali con la Commissione, su modello Pnrr, per i percorsi della spesa primaria netta (quella escluse entrate una tantum, interessi o spese per disoccupazione)», spiega l’analisi del “Sole 24 ore” sul nuovo Patto di Stabilità e Crescita.

PATTO DI STABILITÀ, IL “RICATTO” DELLA GERMANIA E I CONTI DELL’ITALIA

Il problema sarà trovare la sintesi sulla firma del nuovo Patto di Stabilità, specie avendo la Germania già dimostrato tutta la sua avversità ad un accordo che si distanzia rispetto al recente passato: «La proposta della Commissione non va bene, siamo pronti a bloccarla», attacca il Ministro tedesco delle Finanze Christian Lindner. Berlino chiede regole più dure sul debito e sul deficit, oltre a “tagli automatici” in situazioni di eccessivo indebitamento degli Stati: serve insomma una nuova stagione di austerità per far fronte alla crisi dell’inflazione, rivendica ancora il Governo Scholz. Questa volta però un possibile “partner” dell’Italia nella sfida a Berlino per ottenere regole meno dure è la Francia di Macron, il cui debito pubblico è esploso negli ultimi anni post-pandemia al 113% del PIL.

«Il tetto al disavanzo deve restare al 3%, quello sul debito al 60%», attacca Lindner, leader dei Liberali tedeschi, scoprendo però il fianco ad una disunità completa nel Governo Scholz: Spd e Verdi sono infatti tutt’altro che convinti dalla svolta “iper-rigorista” dei Liberali e potrebbero infine mediare con gli altri Paesi Ue per un Patto di Stabilità meno “asfissiante” sul fronte conti pubblici. Dombrovskis e Gentiloni smentiscono Berlino e parlano di maggiore flessibilità e “bilanciamento” per evitare le crisi del passato. E l’Italia? Con un debito al 145% il tema è tutt’altro che semplice per il Governo Meloni che chiede di scomputare gli investimenti per la transizione energetica dal rapporto deficit/Pil. Nell’ultimo Def presentato a Bruxelles, il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti scriveva nero su bianco «La proposta di riforma del Patto di stabilità e crescita è incentrata su una regola di spesa i cui obiettivi sono modulati in base alla sostenibilità del debito pubblico di ciascun Stato membro. Coerentemente con la risoluzione parlamentare dello scorso 9 marzo – si legge nel Documento di Economia e Finanzia -, nel dibattito in seno all’Ecofin e ai suoi sottocomitati, il Governo ha sostenuto le linee principali della proposta dalla Commissione pur evidenziandone alcuni punti critici». Non piace la categorizzazione degli Stati membri «in base alla severità delle “sfide” di finanza pubblica»: piuttosto, il Governo italiano sostiene la proposta dell’adozione «di un trattamento preferenziale per gli investimenti pubblici per contrastare i cambiamenti climatici e promuovere la transizione digitale (i due pillar del PNRR), nonché la spesa per la difesa derivante da impegni assunti nelle sedi internazionali. Il Governo sostiene, inoltre, la necessità di una maggiore simmetria della MIP (la procedura sugli squilibri macroeconomici, ndr) e continuerà ad attenersi a tali posizioni nel negoziato che seguirà la presentazione delle proposte legislative della Commissione», conclude il Def.