Oggi è in programma un Ecofin straordinario per proseguire le trattative sulla riforma del Patto di stabilità. Il fatto che la riunione tra i ministri delle Finanze Ue si tenga in videocollegamento lascia pensare che non verrà raggiunto un accordo. «Onestamente l’esito dei negoziati è stato finora di bassissimo livello. Comincio a pensare che le regole attuali siano meglio di quanto emerso dal tavolo delle trattative», ci dice Nicola RossiProfessore di Economia politica all’Università di Roma Tor Vergata e membro del cda dell’Istituto Bruno Leoni.



Cosa non la convince delle proposte attualmente sul tavolo?

Ho l’impressione che si vogliano mescolare due logiche completamente diverse: quella delle scelte discrezionali della Commissione nei negoziati con i singoli Paesi sul percorso di rientro del debito pubblico e quella dei paletti quantitativi uguali quasi per tutti. Mettere insieme cose che hanno una logica diversa produce problemi e sicuramente non li risolve.



Cosa si dovrebbe fare a questo punto?

Ritengo che l’Europa debba fare un salto in avanti dal punto di vista strettamente politico, per questo sarebbe sano cominciare a pensare che una decisione così importante venga presa a valle delle elezioni europee. Sarebbe ovviamente opportuno che durante la campagna elettorale si parlasse di quali regole fiscali si vogliono introdurre e poi lasciare la parola alla nuova Commissione che metterà a punto una proposta. Credo che sia la cosa più saggia da fare.

Le elezioni europee si terranno il prossimo giugno. Nel frattempo bisognerebbe prolungare la sospensione delle regole del Patto di stabilità in vigore fino alla fine di quest’anno?



Non necessariamente. Credo che non sia complicato formulare un regime transitorio, anche perché di fatto era già stato ipotizzato in una delle ultime bozze di accordo. Si può utilizzare quello e poi prendersi il tempo necessario per scrivere le regole che dovranno valere successivamente.

Intanto Eurostat ha comunicato una buona notizia: a novembre l’inflazione nell’Eurozona è scesa al +2,4% tendenziale, non lontano dal target del 2%.

Secondo alcuni, l’inflazione non si combatte con la politica monetaria, ma credo che gli eventi abbiano segnalato che le cose non stanno esattamente in questi termini. Penso occorra, innanzitutto, sottolineare come dopo gli sbagli del passato la Bce abbia preso delle decisioni corrette, anche se dure e drastiche, e a questo punto non ritengo sia il caso di abbassare la guardia.

Perché?

Perché l’inflazione di fondo (+3,6%) resta ancora oggetto di significativa attenzione. Non credo, quindi, che sia arrivato il momento in cui ci si può consentire di cambiare del tutto rotta.

Pensa che la Bce potrà tagliare i tassi dopo il primo trimestre del 2024?

È difficile dirlo, perché tutto dipende dalla rapidità con cui l’inflazione effettivamente tornerà verso il target del 2%. Per il momento credo che sia del tutto ragionevole mantenere un’assoluta prudenza finché il fenomeno inflazionistico non sarà del tutto rientrato.

La Bce ha però deciso di diminuire il reinvestimento di titoli di stato giunti a scadenza a partire dalla seconda metà del 2024: una mossa restrittiva…

Dobbiamo cominciare a pensare che quello che ci siamo lasciati alle spalle è stato un periodo abnorme, con una politica monetaria di tassi zero e un sostegno delle finanze pubbliche certamente giustificati da alcuni eventi, ma comunque abnormi. Stiamo, quindi, tornando alla normalità.

Infine, quale è il suo giudizio sulla Legge di bilancio, dopo il voto dalla commissione Bilancio del Senato che non ne ha modificato l’impianto?

Penso che nessuno si aspettasse che ci fossero grandi stravolgimenti nell’iter parlamentare. Per fortuna non ci sono state novità nemmeno sul superbonus. Mi sembra che complessivamente si tratti di una manovra prudente e responsabile. I problemi della finanza pubblica sono noti a tutti e credo che nelle condizioni date non si potesse fare molto di più. Del resto mi sembra che tanto i mercati quanto le agenzie di rating ne abbiano preso atto.

(Lorenzo Torrisi)

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