La trattativa sulla riforma del Patto di stabilità è condotta per l’Italia dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che è titolare del dossier. Ma si sta spendendo molto anche la premier Giorgia Meloni, che ha avuto diverse interlocuzioni con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. La posizione italiana è chiara: la richiesta a Bruxelles è di scorporare gli investimenti su transizione Green, digitalizzazione e Difesa perché, secondo Palazzo Chigi, non ha senso che questo tipo di investimenti finiscano col fare nuovo debito, soprattutto se le risorse in questione rientrano nel Pnrr. Bisogna però superare le resistenze della Germania, che guida i rigoristi, con un orizzonte temporale molto stretto.



Il governo dovrà giocare di sponda con quei Paesi che avanzano richieste simile e che potrebbero essere penalizzati molto da un eventuale ritorno in vigore del vecchio Patto di stabilità. Questo è il caso della Francia e della Spagna, ma del gruppo fanno parte anche Portogallo e Grecia. Riguardo lo scorporo delle spese per la Difesa, il governo Meloni guarda pure a Polonia e Paesi Baltici, che spingono per avere più margini di bilancio proprio per gli investimenti militari. La trattativa è indubbiamente complessa, ma a Palazzo Chigi, secondo quanto riportato da Il Giornale, c’è fiducia e convinzione riguardo un accordo. Bisogna però capire quale. Se la trattativa dovesse però entrare in una fase di stallo, allora sul tavolo potrebbe essere messa l’ipotesi di prendere tempo e congelare il ritorno in vigore delle vecchie regole del Patto di stabilità previsto per il primo gennaio.



IL POSSIBILE “SCAMBIO” PER CONVINCERE LA GERMANIA

Sulla trattativa per la riforma del Patto di stabilità si sofferma anche il Corriere della Sera, secondo cui starebbe prendendo forma una sorta di compromesso. Il punto di partenza resta la proposta del commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni. Quindi, tetto del deficit al 3% sul Pil. Su questo non si discute, sul resto si può trattare. La Germania, spalleggiata da Austria, Finlandia e Olanda, chiede norme stringendi per ridurre deficit e debito pubblici. Invece, i Paesi maggiormente esposti dal punto di vista finanziario, quindi quelli sopracitati insieme all’Italia, oltre al Belgio, chiedono maggiore flessibilità e avrebbero preparato una proposta incardinata su uno scambio, tra aiuti di Stato e debito.



Quindi, da un lato dare garanzie a Berlino, con meccanismi automatici di rientro del deficit e del debito eccedenti. Dall’altro, meno vincoli sui sussidi e stabilire quali quote di investimento possono essere detratte dal debito e per quanti anni. La variabile è rappresentante dalla guerra in Ucraina, che ha cambiato le tradizionali alleanze in Europa sul versante economico. Così Polonia e Paesi Baltici, tradizionalmente alleati con la Germania perché poco indebitati, ora possono avvicinarsi all’Italia per detrarre dai bilanci le ingenti spese sostenute per inviare armi all’Ucraina.

GROS (CEPS): “RICHIESTE ITALIA SARANNO ASSECONDATE”

«Quello sul Patto di stabilità è un dibattito molto italiano. In Germania nessuno oramai, eccetto magari cinque persone al ministero delle Finanze, sa nemmeno che c’è una riforma in atto», commenta Daniel Gros, direttore del Center for European Policy Studies, all’AdnKronos. Secondo il numero uno del Ceps, il punto è che «l’ex ministro Wolfgang Schäuble aveva un atteggiamento missionario, per così dire. Voleva che tutti i Paesi seguissero l’esempio tedesco. Ma adesso il governo attuale dice che va bene se gli italiani vogliono accumulare debito, finché non dobbiamo pagarlo noi». Gros si è lanciato anche in una previsione: «Non asseconderanno del tutto le richieste italiane, ma alla fine sì. Che poi questo sia nell’interesse dell’Italia è un altro discorso. Io ne dubito fortemente».