Il Protocollo sulle nuove relazioni sindacali nella Pubblica amministrazione sottoscritto nella giornata di ieri tra il Governo e le Confederazioni Cgil, Cisl e Uil e le federazioni sindacali di rappresentanza del pubblico impiego, rappresenta una buona base di partenza per rimettere in sintonia le relazioni sindacali con i fabbisogni della ripresa economica e sociale del nostro Paese. Soprattutto se si tiene conto che sul merito l’iniziativa del governo Conte-bis era deragliata verso un’improvvisata decisione di estendere in modo strutturale lo smart working dalla propria abitazione per il 60% del personale pubblico, in assenza delle condizioni basilari per poterla praticare, accompagnata da un’imbarazzante proclamazione da parte dei sindacati nazionali dei pubblici dipendenti di uno sciopero per ottenere un supplemento di aumenti salariali contrattuali per i lavoratori più garantiti nel corso di una grave emergenza economica e sanitaria del Paese.



Una buona base di partenza, scaturita dalla comune consapevolezza del ruolo fondamentale che la Pubblica amministrazione sarà chiamata a svolgere in tempi accelerati, per mobilitare una mole di risorse economiche che non ha precedenti verso l’economia reale, e per favorire l’attesa rivoluzione dei servizi rappresentata dalla completa digitalizzazione dei processi interni alle amministrazioni e degli accessi ai servizi da parte dei cittadini.



Un autentico cambio di paradigma, che non può essere confinato alla messa a punto delle tecnologie e nella capacità delle amministrazioni, nel loro insieme, di dotarsi di banche dati che le consentano di erogare i servizi, semplificando i processi e i rapporti con i cittadini, e riducendo in modo drastico le tempistiche di erogazione. Alla dotazione di infrastrutture e di software adeguati diventa necessario aggiungere personale competente, un’organizzazione flessibile e focalizzata sui risultati, e una valutazione di questi ultimi che coinvolga gli utenti dei servizi.

Questa consapevolezza si traduce in una puntigliosa elencazione di 6 obiettivi descritti nel protocollo generale sottoscritto, per orientare il rinnovo dei contratti collettivi dei comparti della Pubblica amministrazione nel quadro di alcune riforme della Pa. Per ambiti che spaziano dal rafforzamento della contrattazione decentrata avente per oggetto: la riorganizzazione dei servizi per aumentare la flessibilità, la produttività e la remunerazione del personale sulla base dei risultati; la revisione degli inquadramenti per valorizzare le competenze acquisite del personale; il cambiamento dei modelli di reclutamento di nuovo personale sulla base dei fabbisogni professionali non disponibili all’interno dell’amministrazione; la pianificazione dei percorsi di formazione per adeguare le competenze del personale dipendente; l’ampliamento delle misure di welfare finalizzate a favorire la conciliazione dei carichi di lavoro con quelli familiari, e il potenziamento delle forme di previdenza complementare sulla scorta delle esperienze già maturate nel settore privato.



Un programma indubbiamente ambizioso e destinato, almeno sulla carta, a stravolgere le linee guida della gestione delle pubbliche amministrazioni basate sul blocco del turnover, sulla rigida definizione delle piante organiche intoccabili nel tempo per l’inquadramento del personale, sui lunghi interpelli per acquisire le disponibilità su base volontaria del personale destinato a riempire i posti vacanti, per erogare i premi di risultato sulla base di obiettivi definiti e valutati in modo autoreferenziale.

L’emergenza sanitaria ed economica, e l’evidente fabbisogno di nuove competenze professionali per la Pubblica amministrazione per gestire i nuovi fondi europei, hanno contribuito non poco a mettere in soffitta le vecchie politiche basate sui tagli lineari dei costi della Pa e sulla lotta ai furbetti del cartellino che, pur giustificata dall’evidenza di molti casi di fannullismo, ha prodotto scarsi risultati. E aumentato il numero degli adempimenti burocratici per la gestione del personale, e degli apparati di controllo.

Ma l’opportunità da cogliere per favorire un salto di qualità delle relazioni sindacali, avvertita dalle parti firmatarie del protocollo per le ragioni di carattere generale descritte in precedenza, e per favorire un ricambio generazionale delle amministrazioni pubbliche dotate di un personale con un’età media che ha superato i 50 anni, non deve far trascurare le difficoltà esistenti per portarlo a regime.

Le rigidità nella gestione del personale, e le politiche salariali inadeguate, corrispondono infatti a rendite di posizione dei pubblici dipendenti che sono tuttora parte della complessa macchina legislativa che regola la gestione del personale, la mobilità interna alle amministrazioni, e la valutazione dei risultati operata da organismi di dubbia utilità. È sostanzialmente inibita la possibilità di concretizzare molti obiettivi già previsti nelle varie riforme della Pubblica amministrazione intraprese nel corso degli anni. Tre esempi fra tutti: la riduzione dei tempi di erogazione dei servizi, l’attuazione del dispositivo normativo che vieta di richiedere ai cittadini le informazioni già disponibili presso le amministrazioni pubbliche, il coinvolgimento degli utenti nella valutazione dei servizi.

Una seconda difficoltà è rappresentata dall’impegno del Governo di finanziare con risorse aggiuntive: i nuovi premi di risultato, che dovrebbero diventare parte integrante della retribuzione e non un elemento distinto dalla stessa; gli effetti di carriera conseguenti all’attuazione delle nuove classificazioni professionali; le prestazioni integrative per il welfare. Il tutto partendo da una dote iniziale già prevista di 6,7 miliardi di euro finalizzata a finanziare i rinnovi contrattuali, con aumenti salariali medi superiori a quelli rinnovati o in fase di rinnovo nei settori privati, e con milioni di lavoratori preoccupati per il rischio di perdere il posto di lavoro.

Un aspetto, quest’ultimo, che non va sottovalutato ai fini della credibilità degli obiettivi indicati nel protocollo presso l’opinione pubblica. La responsabilizzazione delle organizzazioni sindacali rappresenta certamente una condizione importante per raggiungere gli obiettivi. Molti comparti dell’amministrazione pubblica hanno dimostrato una grande capacità di risposta nel contrastare la pandemia. Ma la traduzione degli obiettivi dell’intesa in fatti concreti dipenderà soprattutto dall’autorevolezza del Governo Draghi di mantenere ferma la barra del confronto sulla salvaguardia dell’interesse generale del Paese.

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