Si susseguono gli incontri tra i primi ministri europei, tra i presidenti della Repubblica, tra i primi ministri europei e quelli dell’Africa del Nord. Viaggi in Tunisia non solo dei primi ministri, ma anche dei commissari europei. Insomma, l’Ue non basta per intessere relazioni transcontinentali e nello stesso continente; eppure i funzionari europei sono decine e decine di migliaia, con ambasciate, consolati e rappresentanze diplomatiche in tutto il mondo.
Al centro dell’agenda ci sono i temi della politica economica, delle immigrazioni, delle regole trans-nazionali e le susseguentisi transizioni economiche, verdi, digitali e militari. Sì, anche militari, perché costruire accordi per produrre munizioni mentre ci si accorda per le sanzioni alla Russia e si elaborano strategie per sanzioni “a nazioni non democratiche”, altro non è che procedere verso la creazione di un robusto sistema militare-industriale, di guerra e di preparazione alla guerra.
Insomma, assistiamo a una sorta di giostra diplomatica che di diplomatico pare aver poco o nulla, perché tutto avviene con grandi dispiegamenti di apparati comunicativi, ma con ben poco costrutto sul piano delle relazioni internazionali. Queste, infatti, paiono essere intessute di colpi di scena che disvelano la terribile incertezza degli attori statuali, in un tremore che non si è mai visto prima sulla scena mondiale.
L’ultimo tremore è l’annuncio che sarà sottoscritto un patto a due tra Germania e Italia, come si è scoperto dopo la visita di Scholz al presidente della Repubblica italiana, quest’ultimo appena tornato dai brindisi con Macron per un Trattato di cui ancora – da anni – non si conosce il testo dopo centinaia di Legion d’honneur e brindisi infiniti e che si affiancherà a una lunga tradizione diplomatica di subalternità italica alla Francia, di origine risorgimentale; del resto, appena il Regno Sabaudo dismise la sua indipendenza e mosse all’annessione italica per mano franco-inglese, la necessità di proteggersi con il ricorso all’alleanza con gli Imperi centrali si disvelò appieno.
Pochi anni dopo, lo sappiamo ma non lo ricordiamo mai, si strinsero le mani e tutte le nostre braccia industriali alla Prussia e all’Austria; repentinamente si costruì così una debolezza che si disvelò a Caporetto e si riscattò al Piave.
Ora siamo alle solite. Il giro di valzer è iniziato. Mentre il presidente del Consiglio passeggia mano nella mano con Biden che non ha simpatia per i tedeschi filo-cinesi, con gli stessi tedeschi lo stesso presidente del Consiglio firmerà un patto a due italo-tedesco. Forse la ragione è quella delle forti pressioni cinesi su segmenti del Governo che non vogliono dismettere i legami organici con la Cina e nel mentre applicano le sanzioni anglosferiche alla Cina. Quella Cina in cui vedono un ponte di alleanze, invece che un’eterna occasione di scontro.
Anche qui emerge quella che Emiliano Brancaccio sempre sottolinea come contraddizione essenziale della nuova fase di capitalismo bellico in cui siamo immersi: la centralizzazione capitalistica modello Ue, Mercosur, Patto di Shangai, ecc. non impedisce che le contraddizioni via via esplodano per lo sviluppo ineguale delle forze produttive e per le diverse ideologie che si confrontano e guidano la stessa centralizzazione. L’Italia e la Germania, nel patto che si immagina di redigere, certo trovano o troveranno una via per meglio difendersi dalla distruzione economica dell’Europa insita nelle sanzioni anglosferiche alla Russia, di cui le suddette potenze (una grande, la Germania, e una media, l’Italia) son le prime a farne le spese. Esse non possono che correre a cercare di limitare i danni condividendo i rischi, creando nuove opportunità di reciprocità.
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