Dopo decenni di dibattiti, trattative, polemiche e (soprattutto) scontri, nella giornata di ieri quasi a sorpresa in una sessione, definita dal Sole 24 Ore “particolarmente accesa”, il Parlamento UE ha raggiunto un accordo sul nuovo patto per la gestione dei migranti, che contiene 10 testi legislativi che riformano il sistema di accoglienza. Concretamente, manca ancora l’approvazione della Commissione europea, definita comunque solamente una formalità, dopo la quale entro due anni condurrà all’applicazione definitiva del nuovo patto Ue sui migranti.



Il patto contiene, appunto, 10 interventi differenti, già discussi a partire dal settembre del 2020 e che sono una risposta al fallimentare sistema proposto dall’ex commissario Juncker nel 2016, discusso e poi ritirato perché non si riuscì a raggiungere un accordo. Il patto approvato ieri, invece, ha raccolto complessivamente la maggioranza dei sostegni anche da parte dei paesi dell’Est (da sempre i più restii a discutere di migranti ed accoglienza), con Ursula von der Leyen che ha parlato di “un passo enorme per l’Ue”; ma non mancano neppure le voci contrarie, come quella del ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto che parla di un “via libera all’immigrazione clandestina“.



I dieci punti del nuovo patto Ue sui migranti: cosa cambia

Scendendo nel dettaglio delle dieci proposte, si mira nel complesso a rinforzare i controlli alle frontiere grazie ad un sistema di “screening” per accertare quali migranti hanno diritto a richiedere la protezione internazionale all’interno dell’Ue. Chi non soddisfa i parametri, riporta il sito del Parlamento, sarà sottoposto a controlli approfonditi per l’identificazione, con la raccolta di tutti i dati biometrici e il controllo sanitario dei richiedenti asilo.

Sono state anche snellite le procedure per riconoscere e revocare il diritto di asilo, con una gestione più rapida e centralizzata delle domande già alle frontiere europee. Particolare attenzione, poi, viene posta ai migranti che tentano di raggiungere il territorio Ue e provengono da paesi in cui il tasso di domande accettate è inferiore al 20%, che saranno ospitati in specifici Centri di permanenza dove, entro tre mesi, saranno processate le domande di asilo e si potrà procedere rapidamente all’espulsione (ad esclusione di famiglie con bambini e minori non accompagnati, purché non siano ritenuti pericolosi).



L’ultima voce del patto, invece, è quella che ha permesso di ottenere anche l’approvazione da parte dei paesi orientali dell’Ue, istituendo un meccanismo di solidarietà obbligatoria, aggirabile pagando una sorta di penale per i migranti non accolti. I paesi di primo approdo (come l’Italia) potranno ricollocare fino a 30 mila richiedenti asilo all’anno, ottenendo dai paesi che li rifiutano un contributo di 20mila euro a migrante.