Pare ormai chiaro che i temi legati al lavoro non troveranno risposte con riforme definite prima della pausa estiva. I nuovi ammortizzatori sociali e il modello di politiche attive del lavoro sono rinviati all’autunno. Forse è per questa assenza di idee che si è insistito per continuare con il blocco dei licenziamenti abbinato all’estensione della Cig. Inutile adesso piangere sul latte versato. La trasformazione di alcuni settori economici, così come l’asimmetria con cui agirà la ripresa della domanda, comporterà ristrutturazioni e costi per i lavoratori che avrebbero trovato sostegno se ci fosse un sistema di servizi al lavoro come in altri Paesi europei.



Potrebbe però essere utilizzato al meglio questo periodo di riflessione prima della ripresa del confronto sulle riforme necessarie. Ciò che serve ci è stato indicato dall’Europa in più fasi, che ci sia necessità di riformare i sistemi degli ammortizzatori sociali e l’introduzione di un sistema di servizi al lavoro collegati con i sostegni al reddito per le fasi di transizione nella vita dei lavoratori è chiaro a tutte le forze sociali. Ciò che non emerge è l’urgenza con cui questi interventi dovrebbero essere introdotti e la portata da assegnare a questi interventi.



Se tutti partissero dalla domanda di fondo “perché in Italia si lavora così poco?” e si cercasse così di rispondere con a cuore l’urgenza di dare più occasioni di lavoro a tutti si delineerebbe una situazione un po’ diversa da quella dei continui rinvii.

Nei giorni scorsi molti istituti di previsione economica hanno stimato che noi potremo avere tassi di crescita più alti della Germania. Il sistema flessibile assicurato da un modello ancora basato su molte piccole imprese può essere fattore positivo invece che essere visto come tradizionale fattore di ritardo del sistema Italia. Il ciclo virtuoso che si può aprire sarà segnato da una crescita dei consumi dovuta al desiderio di tornare a vivere appieno dopo la chiusura e da un discreto aumento dei risparmi che vi è stato. Assieme a ciò avremo la nascita di nuove imprese basate su nuove tecnologie e con un incremento della produttività. La crescita della produzione e della produttività potranno dare il via a una redistribuzione di reddito che sia premiante per il lavoro e sostenere così una fase di crescita duratura.



Questa tendenza del mercato ha però bisogno di interventi di riforma sul mercato del lavoro che sostengano i passaggi necessari e non creino blocchi, ma facilitino mobilità e flessibilità. Il Pnrr, che ha raccolto il consenso di tutte le parti sociali, prevede strumenti e risorse funzionali al sostegno della ripresa economica. Nel punto specifico riferito al lavoro si finanziano i nuovi servizi al lavoro e si incentivano servizi di orientamento e formazione. Ma oltre quanto previsto in questo punto del documento il sostegno per guidare la transizione ecologica e la digitalizzazione del sistema economico per segnare un salto di modernizzazione sostenibile di tutti i comparti dell’economia mette a disposizione molte risorse. Sono fondi che permettono di programmare grandi percorsi formativi sia per adeguare competenze dei lavoratori che per sostenere la nascita di nuove imprese.

Questa grande disponibilità di linee di intervento e delle relative risorse che hanno visto l’adesione di forze sociali e politiche può diventare base per un progetto che finalizzi al meglio quanto indicato dal Programma e diventi piattaforma per delineare il percorso di riforma complessiva del Paese. 

I corpi intermedi, le rappresentanze del lavoro e delle imprese hanno una grande occasione per delineare un progetto di governo dei prossimi passaggi nell’attuazione delle misure del Recovery plan. Vi sono tutte le condizioni per scrivere assieme un patto per il lavoro e lo sviluppo del Paese e far sì che le risorse in arrivo possano avere un impatto moltiplicatore sulla nostra economia in grado di finanziare una modernizzazione complessiva della società.

La centralità della necessità di una formazione garantita lungo tutto l’arco della vita non può che partire da un sistema formativo duale, basato su un nuovo apprendistato e da un sistema di alternanza che porti tutto il sistema scolastico a misurarsi con il mondo produttivo. La cattedra più difficile da coprire sarà quella del corso di “imparare ad imparare”, saranno sempre più richieste attitudini personali rispetto alle pure nozioni tecniche e questa sarà la migliore garanzia di occupabilità da offrire a tutti i lavoratori.

Digitalizzazione e transizione ecologica richiedono poi una formazione generalizzata sui nuovi linguaggi. Porteranno anche alla nascita di nuove imprese, alla chiusura o alla trasformazione di altre, nasceranno nuovi prodotti e nuovi servizi.

Il nuovo sistema di servizi al lavoro dovrà essere funzionale a sostenere questa fase di trasformazione. Nessuno si deve sentire lasciato solo, deve trovare subito chi si prende in carico il suo bisogno di passare a un nuovo lavoro e assicuri anche il necessario sostegno al reddito.

Scegliere di sostenere lo sviluppo con misure che disegnino un nuovo welfare adeguato al nuovo mondo del lavoro. Investimenti, lavoro e salari possono così tracciare un sentiero di crescita. Un adeguato sistema formativo e la scelta di sostegni fiscali e di investimenti può far aumentare l’occupazione anche nelle zone oggi più arretrate e contribuire così a una crescita sostenuta del nostro tasso di occupazione. 

Tutto ciò chiede però un grande cambiamento nella mentalità e nel modo d’essere delle forze sindacali. Bisogna superare la logica della concertazione dove si misura il risultato su quanto si è portato a casa difendendo così logiche corporative. Un patto come quello delineato richiede che si passi a una logica di progetto, si condividano gli obiettivi e si metta in gioco la propria responsabilità per raggiungere i risultati comuni. Insomma, centrale diventa il bene comune. E gli interessi di parte vanno in soffitta.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI