I comuni non hanno deleghe e competenze specifiche sui temi del lavoro. Spesso sono però i sindaci i primi interlocutori di crisi aziendali che si sviluppano sul loro territorio o sono gli interlocutori dei lavoratori in cerca di nuova occupazione. Il Comune di Milano ha una sua ormai lunga tradizione di impegni diretti sul terreno di iniziative specifiche rivolte a migliorare la situazione del lavoro sul suo territorio. Per citare i due esempi più noti, il capitale con cui è nata la Fondazione Welfare Ambrosiana nasce da un accordo territoriale della seconda metà degli anni Settanta fra organizzazioni sindacali, rappresentanze datoriali e Comune.
Parte degli incrementi di produttività erano destinati a un fondo con cui realizzare servizi volti a favorire l’occupazione femminile. Nella seconda metà anni ’90 ci fu poi il patto sul lavoro elaborato da Marco Biagi che vedeva un impegno diretto dell’amministrazione comunale, sindacati dei lavoratori (si chiamò fuori la Cgil) e rappresentanze dell’industria per potenziare la ripresa occupazionale tramite accordi salariali territoriali e potenziamento dei primi servizi di politica attiva del lavoro.
Questa esperienza è ripresa in questi giorni con la presentazione del Patto per il lavoro, che sottoscritto alla vigilia del primo maggio, ha visto partecipare alla preparazione del programma di interventi l’amministrazione comunale, la Camera di commercio, le organizzazioni sindacali dei lavoratori, Confcommercio e Assolombarda. Ha partecipato e avrà ruolo operativo maggiore Afol, agenzia metropolitana che coordina i Centri per l’impiego, le politiche attive del lavoro e la formazione professionale. La sottoscrizione del patto sarà poi allargata alle altre associazioni imprenditoriali a partire dalle importanti rappresentanze delle imprese artigiane.
Il testo sottoscritto non è solo un documento di analisi della situazione economica e occupazionale del territorio milanese. Certo parte dalla segnalazione dei problemi aperti. I due anni di pandemia hanno segnato fortemente l’economia cittadina. La ripresa ancora caratterizzata da forti asimmetrie fra i diversi settori si scontra oggi con i timori di un allargamento del conflitto ucraino e con le preannunciate fiammate inflattive. Si determinano perciò nuove sfide che riguardano l’occupazione, la qualità del lavoro, le transizioni lavorative e della formazione lavoro e il rinnovamento degli strumenti del welfare per rispondere alle difficoltà create dalla crisi economica.
Per questo il documento si presenta come un vero e proprio progetto con quattro linee strategiche e un primo panel di azioni attuative.
Le quattro linee strategiche richiamano le caratteristiche della Milano del fare:
– Milano città della formazione: l’obiettivo è promuovere e coordinare al meglio le iniziative esistenti in città. Dai servizi educativi da 0 a 6 anni, essenziali per supportare il tasso di occupazione femminile, al potenziamento dei percorsi scuola lavoro. La rete di operatori della formazione esprime qui molte punte di eccellenza. La sfida formativa aperta dalle trasformazioni della digitalizzazione e della sostenibilità può trovare risposte avanzate. Va però potenziato l’orientamento sia per la scelta delle nuove generazioni, sia per definire percorsi di reskilling e upskilling degli occupati.
– Milano città delle opportunità: l’economia degli eventi ha portato la città a essere meta turistica non più solo per il business. Lo stesso deve fare anche come ecosistema capace di sostenere la generatività di innovazioni e start up. La capacità di essere attrattiva e inclusiva per i giovani talenti deve saldarsi con rinnovata capacità di favorire servizi per combattere il mismatching fra domanda e offerta di lavoro e per affrontare l’abbandono scolastico.
– Milano città del buon lavoro: l’esperienza dei protocolli Expo per sicurezza e qualità del lavoro possono diventare base per iniziative che coinvolgano tutti i settori dell’economia milanese. Favorire accordi per il controllo di qualità del lavoro in appalti e subappalti è un punto di partenza per tavoli che favoriscano l’emersione delle migliori prassi. Per dare sostanza alla qualità dell’occupazione sarà fondamentale, durante l’attuazione del patto, arrivare a definire misure per combattere il fenomeno dei lavori poveri. Un po’ di coraggio per far partire da qui un modello contrattato per il salario minimo sarebbe un buon esempio di rinnovato accordo per lo sviluppo.
– Milano città solidale: sono molte le categorie di lavoratori e persone fragili. Per molti di loro nuovi servizi di accompagnamento al lavoro attraverso percorsi formativi personalizzati possono essere la via per passare dalla dipendenza dai servizi pubblici al recupero di autonomia. Son nuove sfide per il welfare cittadino che ha sempre avuto nel dna quello della inclusione attraverso le opportunità lavorative e gli interventi contro le povertà.
Per ogni linea strategica sono descritte le prime azioni utili per il raggiungimento degli obiettivi individuati. Sarà compito di tutti i sottoscrittori implementare poi con nuove elaborazioni le iniziative che dovranno supportare l’attuazione del patto.
Emergono due compiti che la politica comunale direttamente o tramite le sue aziende deve presidiare. In primo luogo, monitorare i cambiamenti che avvengono velocemente fra i bisogni di chi passa per transizioni da lavoro a nuovo lavoro. L’asimmetria della ripresa e le nuove difficoltà fanno emergere di continuo nuove fragilità. Individuare velocemente i nuovi target permette di rivedere servizi e interventi in tempo utile.
Altro compito fondamentale è portare a elaborare interventi contro il lavoro povero. Serve elaborazione per dotarci di strumenti di intervento efficaci, ma soprattutto serve un impegno per far emergere la volontà di lavorare assieme per superare la fase delle contrapposizioni e passare a una fase di collaborazione per una crescita economica e sociale che metta in moto tutte le energie sociali.
Sarà questo l’augurio migliore per un primo maggio che metta al centro un lavoro per tutti per contribuire al bene comune.
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