Esaurito l’effetto mediatico generato dagli Stati generali, con tutta la maggioranza in passerella su tutte le televisioni, senza per altro offrire soluzioni concrete di cui i cittadini si siano accorti, il nuovo spunto per generare l’ennesimo effetto show nasce dal “Patto per lo spinello”. È la nuova intesa fra M5s, Pd, LeU, Iv, +Eu: tutta la sinistra riunita nella nuova alleanza insieme ai pentastellati, che in questo modo confermano la loro fedeltà alle battaglie classiche del Pd, che si rincorrono di legislatura in legislatura.



È stato lanciato come una battuta con l’affermazione dirompente di Alessandro Di Battista, in astinenza mediatica rispetto ai suoi colleghi della precedente legislatura, per lo più tutti al governo. “La fine del proibizionismo della cannabis è una battaglia sociale e va fatta in modo laico e razionale”. Il “Dibba” lo scrive su Facebook parlando della legalizzazione delle droghe leggere. E aggiunge: “Regolamentare questo mercato genererebbe 10 miliardi per le casse dello Stato, un aumento del Pil tra l’1,2 e il 2,34% e la creazione di 350mila posti di lavoro”. Dopo di che, terzo passaggio logico e coerente: “Possiamo permetterci di non aprire questo dibattito?”.



Battaglia sociale… impatto economico… responsabilità politica:  è il circuito “virtuoso” con cui Dibba cerca di preparare il suo ritorno al governo, davanti al disfacimento, almeno in Senato, con cui i Cinquestelle stanno mettendo a rischio la maggioranza. Ma non sfugge al leader in pectore la necessità di mantenere un certo stile, per cui aggiunge subito dopo: “Volete regolamentazione? Evitate i selfie con una canna. Ricordano chi pretende diritti civili esibendosi in volgari trasgressioni durante i gay pride”. Anche se in questo periodo sono sospese tutte le feste patronali, le feste di Partito, le assemblee di gruppo in piazza, ecc. compresi quindi i gay pride.



Il nuovo patto per lo spinello che intende offrire un serio contributo alla legalizzazione della cannabis ha come base di partenza la sentenza della Cassazione: “Non è reato coltivare in casa piantine”. Al patto così ben strutturato e sostenuto da oltre 100 parlamentari che hanno firmato il nuovo ddl sullo spinello libero, si oppone sommessamente una serie di incertezze che serpeggiano nelle fasce più moderate della maggioranza, quelle che davvero vogliono arrivare a fIne legislatura, ma sentono la terra che si sbriciola sotto i loro piedi.

Sarà opportuno cominciare ora un iter legislativo su questo tema, con tutta la carne al fuoco che i tanti Dpcm del premier ha messo sul fuoco? Ma il famoso slogan “se non ora quando” sembra sollecitare i fautori della droga libera a ripetere come un mantra: se non ora, che siamo in tempi di grandi riforme e grandi cambiamenti, quando? 

Lo fanno mobilizzando la piazza e sollecitando i tanti consumatori, che in questi mesi di lockdown si sono moltiplicati, e la piazza a non può che essere piazza Montecitorio, di fronte alla Camera dei deputati, dove un qualche centinaio di loro oggi è tornato a chiedere al Parlamento di discutere le proposte di legge per la legalizzazione della cannabis a partire dalla proposta di legge d’iniziativa popolare “Legalizziamo”, sostenuta da oltre 100mila firme e depositata nel 2016.

“La fine del proibizionismo della cannabis è una battaglia sociale, oggi ancor di più, e va fatta in modo laico e razionale”, ha scrito Alessandro Di Battista su Facebook. Ma non è l’unico a esporsi direttamente fra i volti noti della politica. “Sono uno dei pochi politici che rivendica di essere un pregiudicato: nel 1995, insieme a Marco Pannella fui arrestato e poi condannato per distribuzione gratuita di hashish. Volevamo squarciare un velo di ipocrisia”, afferma Benedetto Della Vedova, segretario di +Europa, anche lui in piazza Montecitorio, partecipando alla manifestazione degli antiproibizionisti di “Io Coltivo”, un’iniziativa lanciata ad aprile con il coinvolgimento di 20 associazioni, 2mila cittadini e venti parlamentari che hanno portato in piazza le piantine di cannabis “coltivate come forma di disobbedienza civile”.

“In un paese normale l’‘io non lo farei’ non può diventare automaticamente ‘e quindi tu non lo devi fare’. E penso che legalizzare la cannabis sia meglio che proibire. E legalizzare non vuol dire incentivare il consumo, ma far venire meno un apporto finanziario a chi specula sul proibizionismo. Legalizzare vuol dire mandare la mafia in bancarotta”,  ha aggiunto la leader di +Europa, Emma Bonino, intervenendo sempre alla stessa manifestazione a piazza Montecitorio.

L’iniziativa “Io Coltivo” ha presentato il Libro Bianco sulle Droghe alla Camera dei deputati, all’interno del quale, si illustrano dati, ricavi e vantaggi per lo Stato che si trarrebbero dalla legalizzazione. Il Libro Bianco è un rapporto indipendente sugli effetti del Testo Unico sugli stupefacenti (DPR 309/90) sul sistema penale, sui servizi, sulla salute delle persone che usano sostanze e sulla società. Ogni anno viene presentato in occasione del 26 giugno, Giornata mondiale sulle Droghe, nell’ambito della campagna internazionale di mobilitazione “Support! don’t Punish” che chiede politiche sulle droghe rispettose dei diritti umani e delle evidenze scientifiche e che quest’anno coinvolgerà oltre 164 città in 84 paesi. 

Qualche giorno fa, cento parlamentari hanno scritto al presidente del Consiglio Giuseppe Conte per aprire il dibattito sulla legalizzazione della cannabis agli Stati generali dell’Economia. Una discussione, però, che non è avvenuta.