Alcuni razzi lanciati ieri mattina a Baghdad hanno colpito la cosiddetta zona verde, quella di massima sicurezza dove si trovano i palazzi del governo e anche l’ambasciata degli Stati Uniti, che è stata sfiorata con pochi danni. Nessuna vittima, ma il primo segnale di ritorno alla lotta armata nella capitale irachena dopo un paio di mesi di calma relativa e soprattutto l’elezione del nuovo primo ministro Mustafa al Kadhimi. “Un uomo pragmatico” ci ha spiegato in questa intervista l’inviato di guerra de Il Giornale Gian Micalessin. “Kadhimi ha vissuto a Londra in esilio durante il regime di Saddam, è molto amico degli americani ed è stato messo in quel ruolo come ago della bilancia nei rapporti tra le varie fazioni che negli ultimi tempi avevano portato il paese alla guerra civile”. Dietro la sua elezione, ci ha detto ancora, “un accordo segreto tra Iran e Stati Uniti in cui Teheran esce perdente, ma che ha dovuto accettare”. I missili dunque, sarebbero opera di quelle milizie  sciite filo-iraniane che non hanno accettato l’accordo e che vogliono mettere in difficoltà il neo premier.



Un attacco contro la sede dell’emittente saudita Mbc e razzi poco distanti dall’ambasciata americana. Baghdad sprofonda di nuovo nella guerra civile?

Questo attacco è opera delle milizie sciite filoiraniane che non hanno accettato l’accordo tra Iran e Stati Uniti per mettere in difficoltà il nuovo premier.

Un accordo tra Iran e Stati Uniti? Di che accordo si tratterebbe?



Ovviamente non è un accordo ufficiale, ma segreto, frutto di una intesa tra Usa e Iran. Nell’accordo gli Usa accetterebbero di non imporre ai paesi europei sanzioni nell’acquisto di prodotti iraniani in cambio della sospensione da parte delle milizie filoiraniane degli attacchi e dell’approvazione da parte dei gruppi filoiraniani in parlamento a eleggere il nuovo premier. Un primo ministro che farà un po’ da ago della bilancia fra le opposte fazioni irachene.

E l’attacco di ieri allora? Come si giustifica?

È ovviamente frutto di fazioni che non accettano questo accordo sotterraneo,  un accordo segreto che ha spinto gli iraniani obtorto collo ad accettare questa intesa.



Un accordo alquanto clamoroso, nessuno se lo sarebbe aspettato visto il clima di tensione tra Washington e Teheran negli ultimi mesi. Come mai l’Iran si accontenta di un accordo che di fatto ne riduce l’influenza in Iraq?

In questo momento l’Iran ha disperato bisogno di soldi. L’uccisione poi di Qasem Soleimani ha messo il regime in difficoltà: quello che ha preso il suo posto non è al suo livello. Poi ci sono grosse difficoltà interne causa del Covid che sta decimando la popolazione, per cui l’Iran ha accettato il compromesso e chissà, potrebbe anche accettare un nuovo accordo sul nucleare. Trump se lo intesterebbe come vittoria personale.

Donald Trump porta a casa un nuovo successo in politica estera, dopo quello con la Corea del Nord?

Negli Usa c’era chi puntava per una messa al muro di Teheran: Trump è riuscito a dar loro quanto volevano. Ha imposto sanzioni durissime, l’eliminazione di Soleimani ha messo in grossissime difficoltà gli iraniani. Si può dire che il suo atteggiamento politico sia stato efficace. Sarei più scettico sulla Corea del Nord, dove poco è cambiato e le testate atomiche ci sono sempre. Per quanto riguarda invece il piano di pace israeliano da lui proposto, il nuovo governo israeliano avrà molte difficoltà ad applicarlo.

Per quanto riguarda l’Iraq si apre invece una nuova fase?

La speranza è quella, che il nuovo premier riesca a portare unità e collaborazione fra le varie componenti: ad esempio ha promesso che libererà i quasi mille detenuti arrestati durante le grandi manifestazioni di protesta dello scorso anno durate per mesi. Un ulteriore schiaffo alle milizie sciite e ai loro vertici è stato il reintegro e la promozione a capo del servizio antiterrorismo di Al Saadi, considerato da molti la sintesi della nuova sicurezza irachena equidistante dall’influenza statunitense ed iraniana. Non dimentichiamoci poi che l’Iraq sta affrontando una durissima crisi economica per via della pandemia e del crollo del prezzo del petrolio.

(Paolo Vites)