La Turchia ha recentemente esteso la sua influenza all’Oceano Indiano attraverso un nuovo patto di cooperazione militare con la Somalia, firmato l’8 febbraio e ratificato dal parlamento somalo poco dopo. Questo accordo sottolinea il ruolo cruciale di Mogadiscio nella strategia turca di espansione verso l’Indo-Pacifico, cercando di bypassare il Canale di Suez mediante corridoi infrastrutturali misti.



La natura dell’accordo tra Turchia e Somalia è prevalentemente marittima. Sebbene i dettagli saranno divulgati solo dopo l’approvazione del parlamento turco, emergono due punti chiave.

In primo luogo, la Turchia si impegna a fornire attrezzature e formazione alla Marina somala, ancora in fase di sviluppo, e a proteggere le acque territoriali della Somalia da varie minacce, inclusi il contrabbando e il terrorismo. Ciò permetterà ad Ankara di dispiegare stabilmente le proprie forze navali nell’Oceano Indiano. In secondo luogo, la Turchia supporterà la Somalia nell’esplorazione delle sue ricche risorse, sia energetiche che altre, nella zona economica esclusiva, ottenendo in cambio il 30% dei proventi.



Questo accordo segna il culmine di oltre un decennio di crescente influenza turca in Somalia, iniziata con la visita di Erdogan a Mogadiscio nel 2011, che ha trasformato il Paese in un quasi protettorato della Turchia. La firma di questo patto marittimo, anticipata da Erdogan già nel gennaio 2020, segue la stessa logica dell’accordo tra Turchia e il governo di Tripoli del 2019.

L’importanza di questo patto non risiede tanto nei suoi dettagli quanto nel contesto geopolitico in cui si inserisce. Viene infatti siglato poco dopo un memorandum d’intesa tra Etiopia e Somaliland che dà ad Addis Abeba l’accesso al porto di Berbera e a una porzione di costa sul Golfo di Aden per costruire una base navale. La Somalia vede questo accordo come una minaccia, temendo che l’Etiopia possa anche riconoscere l’indipendenza del Somaliland. In risposta, Mogadiscio ha accelerato la conclusione dell’accordo con la Turchia, cercando la protezione di un “vero alleato”.



Tuttavia, l’obiettivo della Turchia non è semplicemente sostenere la Somalia contro eventuali mire etiopi sul Somaliland. La strategia di Ankara è più sofisticata e mira a consolidare la sua posizione in Africa nord-orientale, parallela al suo ruolo in Ucraina e in Medio Oriente. L’accordo con la Somalia è legato agli sforzi di normalizzazione con l’Egitto, che vede l’accordo tra Etiopia e Somaliland come una minaccia alle sue risorse idriche vitali. La Turchia si posiziona come un attore centrale in queste dinamiche regionali.

Parallelamente alla difesa dell’integrità territoriale della Somalia, la Turchia mantiene buoni rapporti con Egitto e Sudan, e ha un impatto significativo nel conflitto tra l’Etiopia e il Tigray attraverso la fornitura di droni militari. Ankara sta inoltre sviluppando progetti infrastrutturali e industriali strategici in Etiopia, rafforzando la sua influenza sull’intera regione, che si estende dall’Anatolia all’Indo-Pacifico, con il Mar Rosso come fulcro strategico.

Un dettaglio culturale non trascurabile riguarda i firmatari dell’accordo di Mogadiscio: entrambi di origine turca. Il ministro della Difesa somalo, Abdulkadir Mohamed Nur, rappresenta un ponte vivente tra i due Paesi, avendo studiato e vissuto in Turchia per otto anni. La sua figura simboleggia la profonda connessione e l’integrazione tra i due Stati, sottolineando la presenza di una “seconda casa” anatolica in Africa.

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