Cinquant’anni fa, all’inizio del 1970, gli Stati Uniti erano ancora impegnati in un vasto intervento bellico in Vietnam che li vedeva coinvolti “ufficialmente” dal 1964, dalla presidenza del democratico Lyndon Johnson, anche se già con l’amministrazione Kennedy ruolo e numero dei cosiddetti “consiglieri militari” nel Sudest asiatico erano aumentati fino a raggiungere le sedicimila unità. Due anni prima, nel gennaio 1968, si era però verificata una prima, vera svolta nel conflitto: nel momento del massimo sforzo statunitense, i vietcong avevano infatti dimostrato la vitalità della loro guerriglia con una grande offensiva contro i principali centri del Sud. In seguito a tale scacco, Johnson aveva rallentato i bombardamenti sul Nord, convocato una conferenza di pace e annunciato l’intenzione di non ricandidarsi alla Casa Bianca nelle elezioni presidenziali di quello stesso anno.
La responsabilità di ulteriori decisioni era quindi passata al successore, il repubblicano Richard Nixon, la cui strategia fu di continuare a ridurre l’impegno statunitense, avviando negoziati con il Nord e con i vietcong per giungere a una «pace onorevole», mentre parallelamente tentava di potenziare l’esercito del Sud e di estendere le operazioni militari nei confinanti Cambogia e Laos: nella prima le incursioni iniziarono il 29 aprile 1970.
Non la si trova riportata sui testi di storia, ma è fondata l’ipotesi secondo cui Nixon prese tale decisione influenzato (anche) dalla visione di un war movie hollywoodiano uscito nelle sale statunitensi quel medesimo mese, una pellicola che ebbe le anteprime nazionali a New York e a Los Angeles rispettivamente il 4 e il 18 febbraio, un film impostosi come uno dei ritratti biografici su grande schermo più riusciti degli anni Settanta: Patton, generale d’acciaio (1970) coprodotto e diretto (in formato 70 millimetri con lenti Dimension 150) da Franklin J. Schaffner e interpretato da George C. Scott, di lì a poco più di un anno premiati entrambi alla cerimonia degli Oscar quali miglior regista e miglior attore protagonista. Le altre statuette saranno per film, sceneggiatura originale (uno dei due autori è il trentaduenne Francis Ford Coppola che, fresco di studi in cinematografia alla UCLA, aveva scritto la prima versione già nel 1966: a fronte di una figura realmente esistita così complessa e controversa, impressiona come anticipi aspetti del folle colonnello Walter E. Kurtz di Apocalypse Now…), scenografia, montaggio e suono.
Su “The New York Times” Vincent Canby definì la pellicola «[l]’epico film di guerra americano che Hollywood ha sempre voluto creare ma non aveva mai avuto il fegato di fare prima». Al di là dei riconoscimenti e dell’accoglienza critica, si faceva però cenno a Nixon e alla Cambogia: è assodato il fatto che la pellicola era una delle sue preferite e che ne possedeva una copia personale. Nel 1997 Oliver Stone, reduce dal Vietnam e (discusso) regista di JFK – Un caso ancora aperto (1991) e Gli intrighi del potere – Nixon (1995), ha avuto modo di dichiarare in un’intervista: «Richard Nixon […] [v]ide il film più di una volta, almeno due volte e forse anche di più. Ne rimase molto colpito. Ed è uno dei pochi film, persino più di JFK, che abbia direttamente influenzato la storia americana. Io sono convinto che sia stato Patton, nell’aprile del 1970, a spingere Nixon a prendere la decisione di invadere la Cambogia per allargare la guerra in Vietnam. Quell’invasione […] portò all’intenso bombardamento americano della Cambogia e alla supremazia dei khmer rossi, che conquistarono la Cambogia ormai contro l’America per via delle bombe. […] Nella fase di preproduzione di Nixon, chiedemmo alla Fox il permesso di usare degli spezzoni di Patton nel nostro film. […] Ma dovevamo chiedere anche a George C. Scott il permesso per quello spezzone. E Scott rispose: “Nemmeno per sogno”. Non considerò nemmeno le lettere, non volle parlarne, fu un semplice “no”. E io non ne capii mai la ragione. Forse lo disturbava perché sapeva la verità, e cioè che il suo film contribuì alla Cambogia».
Per rendere ancora più esplicito il curioso rapporto che lega quest’opera di celluloide alla storia americana del secondo Novecento, basti citare il celebre compositore della colonna sonora, Jerry Goldsmith, circa il destino di quest’ultima, in quanto «usata in due occasioni molto interessanti. Durante l’operazione “Tempesta del deserto”, quando le truppe entrarono nel Paese, usarono Patton, la sua musica, la marcia da Patton. E quando i Marines cercavano di convincere Noriega a uscire allo scoperto smisero di bombardarlo di rock ‘n’ roll e uscì quando suonarono Patton». Sono alcuni degli aneddoti di cui è fatta la storia del cinema, che danno però da pensare le volte in cui viene alla bocca la frase «Per fortuna che è solo un film!»…