La ripresa è possibile in Italia, sentenzia il presidente di Abi (Associazione Bancaria Italiana) Antonio Patuelli dalle colonne del “Giornale” ma occorre prestare molta attenzione a come si impostano i mesi cruciali che seguiranno tra 2021-2022 per non inceppare sul nascere la “risalita” della nostra economia: «C’è una ripresa di fiducia in Italia che deriva prima di tutto dai fondi europei. Questi sono indispensabili ma non sufficienti per trasformare il rimbalzo in una forte ripresa o addirittura in un miracolo economico. Per fare questo passo in più servono anche gli investimenti privati: bisogna attrarre risparmi italiani e investimenti esteri».



Secondo il n.1 delle banche italiane, le premesse del PNRR fanno ben sperare per il futuro, ma da sole ovviamente non bastano: serve che parta spedita la riforma della giustizia civile, dato che «gli investitori esteri che chiedono di dare certezza del diritto all’economia». Secondo Patuelli occorre però anche favorire il più possibile la trasformazione del risparmio in investimenti diretti: «distinguendo il concetto di rendimento da quello della rendita. Il rendimento è frutto di un investimento a rischio e quindi, quando non è speculativo ed è a medio e lungo termine, va fiscalmente agevolato. Gli investimenti stabili, prospettici e non speculativi devono essere favoriti».



LE PROPOSTE DELL’ABI

Occorre partire necessariamente da una rivoluzionaria riforma fiscale, sottolinea ancora il presidente Abi sul “Giornale”: «Il grado di pressione fiscale sugli investimenti va misurato sommando tutto: la pressione fiscale sulle imprese data dall’Irap, quella sugli utili dell’impresa (l’ires) e quella della ritenuta d’acconto (la cedolare secca del 26%) sugli utili distribuiti. È da questa somma che deriva il reale gravame fiscale sulle attività economiche, non dalla SOLA cedolare secca, che rappresenta solo l’ultimo miglio». Giustizia del diritto in tempo ma anche condizione favorevole per le imposte: le proposte di Patuelli non si fermano però qui, dato che invita il Governo Draghi a incentivare di più gli utili reinvestiti dalle imprese ma anche «incentivare il risparmiatore, riducendo le aliquote fiscali sugli investimenti in base alla durata». Non c’è 2 senza 3, l’ultima proposta è più che altro un monito all’intera politica: «dire chiaramente no a qualsiasi ipotesi di patrimoniale». Il perno centrale di tutto però, conclude Patuelli, deve una concorrenza finalmente alla pari degli altri Paesi Ue e mondiali della pressione fiscale: «Guardiamoci intorno: lo Stato può essere più competitivo rispetto alla pressione fiscale di altri Paesi, soprattutto nella Unione Europea. Abbiamo la sovranità nazionale sulle imposte: usiamola, andando incontro al risparmiatore. Ed evitando di parlare di patrimoniali, che ce ne sono già troppe».

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