Antonio Patuelli, presidente dell’Associazione bancaria italiana, in una intervista al Sole 24 Ore, ha parlato di come la guerra in Israele condizionerà le mosse dell’Ue. “Prima del conflitto mi aspettavo una pausa. Gli eventi in questione cambiano molte cose: bisogna esserne consapevoli”, ha affermato in relazione alla decisione della Bce sui tassi in programma il prossimo 26 ottobre.



I rischi legati al nuovo conflitto in Medio Oriente, secondo l’esperto, devono far riflettere Bruxelles. “Siamo in una fase in cui c’è innanzitutto incertezza strategica in Europa: l’accordo sul nuovo patto di stabilità e di crescita non è stato ancora trovato. La mia opinione è che debba arrivare dalla Ue un segnale di spinta per la crescita. Quando siamo stati nella fase più acuta della pandemia, la risposta più forte è venuta dalla Ue. In particolare, serve rivedere le previsioni e orientare ancora di più il compromesso sul nuovo patto di stabilità verso la crescita. Tutte le volte che si acuisce il conflitto mediorientale vi è una tensione sul costo dell’energia”, ha sottolineato.



Patuelli: “Ue dia spinta per la crescita col patto di stabilità”, il parere dell’esperto

Antonio Patuelli, nel dettaglio, si è espresso anche sulla situazione dell’Italia proprio in relazione all’energia. “Il Paese ha fatto grandi passi in avanti in meno di due anni differenziando le fonti di approvvigionamento del gas, ma diverse di queste fonti arrivano da zone contigue a quelle dell’emergenza mediorientale”. Esiste in tal senso un precedente. “Sono andato a rivedere la crisi energetica del ’73 successiva alla guerra dello Yom Kippur. Produsse un livello molto acuto di austerity in Italia, perché si era impennato il prezzo del petrolio. Il Medio Oriente per noi è l’anticamera di casa”, ha spiegato il presidente dell’Associazione bancaria italiana



Secondo le previsioni, in tal senso, il debito pubblico non scenderà nei prossimi tre anni. “E’ fondamentale mettere un tetto massimo al debito pubblico in cifra assoluta, altrimenti dal 1967 la cifra assoluta cresce mentre il calcolo di proporzione al Pil è un indicatore di troppa mobilità e non riflette quanto costa ogni incremento in termini di interessi da pagare”, ha concluso.