Una piccola casa discografica finlandese, la Ondine, ha appena pubblicato un CD con la musica da camera dell’allora giovane Paul Hindemith, compositore molto noto soprattutto per i suoi lavori teorici. Alla fine degli anni Trenta del secolo scorso, infatti, Hindemith scrisse L’arte della composizione musicale, nel quale classifica tutti gli intervalli musicali, dal più consonante al più dissonante. Da quest’opera emerge la tecnica compositiva di Hindemith, che egli chiamò musica oggettiva e continuò ad usare dagli anni trenta e per tutta la vita. In un altro importante lavoro, Unterweisung im Tonsatz, ha riassunto il concetto di Grundton, ovvero “tono fondamentale”, elemento generatore di tutta la costruzione musicale, melodica, armonica e contrappuntistica, e nel quale viene tentata una dimostrazione scientifico-antropologica della tonalità come fenomeno naturale, in contrapposizione evidente con la atonalità di Schoenberg. 



Filippo Tommaso Marinetti, definì Hindemith “esponente del macchinismo futurista”. Il futurismo di Hindemith si ferma però agli anni trenta, dove troviamo un ripensamento bachiano con un’armonia decisamente diatonica. Nelle opere teatrali invece lo stile di Hindemith mantiene quello stile espressionista che talvolta è un teatro pedagogico.



Le quattro composizioni di questo CD furono concepite diversi anni prima che Hindemith sviluppasse la sua teoria. Sono datate tra il 1921 e il 1925. Nel 1918, dopo aver completato il servizio militare, Hindemith, allora 23enne, era tornato al suo lavoro di direttore d’orchestra del Teatro dell’Opera di Francoforte ed appariva nelle sale di concerto anche come musicista da camera dove suonava, principalmente, la viola. In pochi anni ottenne riconoscimenti internazionali prima come interprete e poi come compositore. Scritti tra il 1921 e il 1925, i primi due lavori (Kammermusik No. 1 e Kleine Kammermusik ) sono per piccoli ensemble (rispettivamente 12 elementi e un quintetto di fiati), e Kammermusik n. 2 a Kammermusik No.3 per ensemble più grandi; avrebbero potuto essere chiamati “concerti”. Come osserva il musicologo Calum MacDonald, la maggior parte di questi lavori non sono “musica da camera” nel senso tradizionale della parola, in quanto richiedono complessi più grandi di quelli normalmente compresi dal termine. Tuttavia, in contrasto con gli organici (e suoni) molto più grandi normalmente impiegati da Hindemith, i lavori sono molto in stile cameristico. Sono pieni di energia giovanile e di gioia, specialmente nei loro momenti timbrici. In questi CD i Solisti dell’Accademia di Kronberg e l’Orchestra del Festival Schleswig-Holstein diretta da Christoph Eschenbach sottolineano questi aspetti molto bene.



Nel recensire il CD, preferisco esaminare i quattro brani in ordine cronologico di composizione piuttosto che in quello in cui sono presentati nel disco. Kammermusik No.1 è una provocazione; nelle note di sala alla partitura Hindemith ha scritto: “si raccomanda che gli esecutori si posizionino in modo che non siano visti dal pubblico”. È un lavoro per dodici strumenti: tre fiati, tromba, fisarmonica, pianoforte, percussioni e un quintetto d’archi. Al debutto, Hindemith suonò la viola. Si tratta di un’esplosione di felicità, un vero vortice dall’introduzione molto veloce sino al vibrante finale (in cui ci sono pure accenti all’allora nascente jazz).

Kleine Kammermusik per cinque strumenti a fiato è delicato e affascinante. I solisti dell’Accademia di Kronberg (Marie Laforge, flauto: Alberto Esteve Gimémez, oboe; Aaron Schilling, clarinetto; Omer Levi, fagotto; Jacob Dean, corno) sono virtuosi e usano il particolare timbro, registro e colori voluto da Hindemith (che suonava anche strumenti a fiato). Lo si nota ed apprezza nel valzer del secondo movimento.

Kammermusik No.2 è stato originariamente progettato per essere suonato da due piccole orchestre separate, ma finì per essere un concerto per pianoforte e orchestra con cinque fiati, tre ottoni ed archi. Il pianoforte è specificato come “piano obbligato”. Mentre in Kammermik No 1 il riferimento è alla musica contemporanea, jazz compreso, qui Hindemith ricorda la musica del XVII secolo, ossa il barocco, come mostrato nelle sezioni contrappuntistiche elaborate del finale.Kammermusik N. 3 è, almeno in parte, un omaggio alla musica da camera barocca. Protagonista è il violoncello (Bruno Philippe) in dialogo con un piccolo ensemble. Lo si sente sin dal primo movimento. Come pure nella passacaglia del secondo movimento.

 Insomma, questo CD mi ha fatto conoscere un lato di Hindemith che non conoscevo così come con due ensemble (i Solisti della Kronberg Academy e l’Orchestra del Festival Schleswig-Holstein) che non sono nelle principali sedi di registrazione e festival internazionali. Valeva la pena ascoltarlo più volte per scoprire appieno le sue chicche.