Paulo Sousa ha svelato che il suo sogno è quello di allenare la JuventusTuttosport il tecnico portoghese, attualmente sulla panchina del Bordeaux, ha detto che il suo desiderio sarebbe quello di potersi confrontare con una squadra forte per vincere tutte le competizioni, e che “la Juventus lo è senza dubbio”. Poi, completando il quadro, ha ammesso che la chiamata dei bianconeri (eventuale, ça va sans dire) gli piacerebbe arrivasse non in virtù della sua amicizia con Andrea Agnelli ma perché meritata sul campo. Ecco: da qui a dire che Paulo Sousa desidera ardentemente di allenare la Juventus ce ne corre, ma è comunque vero che i bianconeri sono nella lista delle squadre sulla cui panchina si siederebbe considerandola come una grande sfida. Magari non un punto di arrivo necessariamente – anche perché al momento è ancora giovane – ma sicuramente una possibile svolta nella carriera da tecnico.
Paulo Sousa ha giocato nella Juventus tra il 1994 e il 1996: fu uno degli acquisti nella prima estate della Triade Moggi-Giraudo-Bettega (insieme a Didier Deschamps, tra gli altri), fece una prima stagione meravigliosa vincendo scudetto e Coppa Italia per poi calare anche causa pubalgia, mettere comunque in bacheca la Champions League e poi salutare per battere, subito dopo, i bianconeri nella finale di Monaco con il Borussia Dortmund degli ex (c’erano anche Stefan Reuter, Jurgen Kohler, Andy Moeller e Julio Cesar che però non giocò quella partita). Regista davanti alla difesa, aveva una visione di gioco straordinaria e, almeno in Serie A e nella stessa Juventus, anticipò quello che sarebbe stato Andrea Pirlo; durò poco, molto meno di quanto i bianconeri si aspettassero, ma in quei due anni riuscì a farsi amare come uno dei simboli della rinascita targata Marcello Lippi, che riportò la squadra a dominare in Italia e in Europa.
PAULO SOUSA ALLENATORE DELLA JUVENTUS? LA TRADIZIONE
Ora, c’è una considerazione che va fatta riguardo la possibilità che Paulo Sousa alleni la Juventus: non di carattere tecnico-tattico perché quelle al momento lasciano il tempo che trovano, pur potendo accennare che la sua Fiorentina 2015-2016, arrivata anche in testa alla classifica, incantò soprattutto con la difesa a tre e giocava un calcio spumeggiante e offensivo, salvo però tenere poco dal punto di vista fisico. La considerazione riguarda la storia della Juventus: si contano sulle dita di una mano gli stranieri che si sono seduti sulla panchina bianconera. I primi tre (Jeno Karoly, Jozsef Viola e George Aitken) sono precedenti al quinquennio d’oro dei cinque scudetti consecutivi – pertanto parliamo di anni Venti del Novecento – altri due (Luisito Monti e Renato Cesarini) erano oriundi e il primo è stato chiamato ad interim, quelli che si ricordano davvero sono appena tre e cioè Cestmir Vycpalek, Heriberto Herrera e il già citato Deschamps, che sarebbe potuto restare di più ma, a promozione dalla Serie B ottenuta, si scontrò con la dirigenza circa i piani futuri.
Dopo Cestmir Vycpalek– zio di Zdenek Zeman e che ha portato la squadra alla prima finale di Coppa dei Campioni – la Juventus non ha più avuto un allenatore straniero se non appunto Deschamps: uno in un periodo di 46 anni, e peraltro chiamato in un’epoca unica nella storia (la discesa in Serie B). Tuttavia, attenzione: i tifosi di più lunga memoria e, magari, gli “studiosi” della storia bianconera ricorderanno che, a parte Vicpaleck e HH2 (così chiamato per distinguerlo dal Mago), i bianconeri hanno avuto altri tre ottimi tecnici che arrivavano da fuori. Jesse Carver vinse lo scudetto del 1950 con i 28 gol di John Hansen, il talento emergente di Giampiero Boniperti e le folate di Karl Aage Praest, mentre due anni dopo toccò a Gyorgy Sarosi (altro tricolore, ma subentrò in corsa) e nel 1958 fu il momento di Ljubisa Brocic, cioè l’allenatore che per primo ebbe l’onore di guidare il trio Boniperti-Charles-Sivori. Sono durati tutti poco (lo jugoslavo una sola stagione), ma hanno contribuito a rendere assolutamente positiva la statistica degli stranieri che hanno allenato la Juventus. Forse, il vero grande flop lo fece William Chalmers: prese la squadra da Cesarini e, nell’anno della tragedia di Superga, la condusse al quarto posto a -16 dal Grande Torino (sarebbe stato -23 con i tre punti a vittoria).
La Juventus dunque potrebbe riprovarci, ed è pur vero che per tutta l’estate 2019 ha inseguito il sogno Pep Guardiola che resta vivo per i prossimi anni; al momento dunque Paulo Sousa non è lontano dai bianconeri perché lo dice la tradizione, ma semplicemente perché il suo percorso da allenatore – e lo ha detto lui stesso – non è tale da consentirgli di essere in corsa. A meno che i bianconeri non decidano, una volta che si sarà esaurita l’epoca di Maurizio Sarri, di rifondare con un tecnico ancora relativamente giovane e che porti una ventata di totale novità nell’ambiente, o che davvero Agnelli decida sulla base di rapporti personali: a quel punto però i candidati sarebbero ancora molti, e non è affatto detto che sarebbe il portoghese ad uscire dal mazzo. Ad ogni modo, già quattro anni fa con Massimiliano Allegri in piena corsa vincente si faceva il nome di Paulo Sousa, se non altro come un desiderio dei tifosi; chissà…