RILASCIATO DUROV MA RISCHIA COMUNQUE L’INCRIMINAZIONE: ORE DECISIVE A PARIGI PER IL N.1 DI TELEGRAM

Pavel Durov è stato ufficialmente rilasciato dalla Polizia di Parigi ma è tutt’altro che fuori dal caso internazionale che si è aperto lo scorso 24 agosto 2024 con l’arresto in Francia del fondatore e boss di Telegram: il fermo giudiziario scadeva proprio questa sera ed è per questo motivo – si legge dalle cronache dei media francesi – che ora Durov è stato trasferito in tribunale dove con il suo team legale attende le decisioni del giudice. Per il ceo del social di origini russe, il rischio di una incriminazione è tutt’altro che remota dopo quanto è emerso dalle indagini nate mesi fa presso la Procura di Parigi.



Come riporta “Politico”, oltre a Pavel anche il fratello Nikolai Durov vede pendere su di lui un mandato di arresto europeo con le stesse gravi accuse: entrambi non avrebbero voluto collaborare, assieme al team di Telegram, ad una inchiesta della polizia francese su potenziali abusi sessuali su minorenni. I 12 capi di accusa contro il fondatore di Telegram hanno dato il via in questi giorni ad una contesa internazionale dove la Francia di Macron prova a chiamarsi fuorinon è un caso politico») mentre da Mosca vengono accusati gli Stati Uniti di aver manovrato l’inchiesta per porre in arresto uno dei più importanti uomini d’affari del mondo. Giusto stamane il Wall Street Journal ha aggiunto ulteriore benzina sul fuoco del caso Durov denunciando il pranzo top secret che nel 2017 il Presidente Macron intrattenne con lo stesso boss di Telegram chiedendogli di spostare la sede ufficiale del social network proprio a Parigi.



DUROV, MACRON E L’INCHIESTA INTERNAZIONALE: ECCO COSA POTREBBE SUCCEDERE ORA

Dai legami (presunti) tra Telegram e Stato Islamico alle inchieste più recenti sulla pedopornografia, le accuse contro Durov sono svariate e molteplici e per questo rischia comunque l’incriminazione dopo il rilascio per la scadenza dei termini di fermo in Francia. Un punto chiave però riguarda la finalità stessa della maxi inchiesta che ha portato all’arresto del fondatore di Telegram: in un primo momento veniva individuato Durov come responsabile ultimo dei presunti reati mentre da quanto filtrato sul WSJ l’imprenditore russo sarebbe stato arrestato per non aver collaborato abbastanza alle inchieste partite prima di lui.



«Deve esserci qualcosa d’altro. Forse le autorità francesi hanno una prova di un avvenimento per impedire il quale i gestori avrebbero potuto intervenire? Avrebbero forse avuto la possibilità di ritirare pedopornografia minorile, o altro, e non lo hanno fatto?», spiega ai media francesi Tim Weninger, ricercatore all’Università di Notre Dame negli Usa. Dopo l’affondo dell’Unione Europea contro la pericolosità dei social (qui l’intervento del commissario Gentiloni) e dopo le polemiche per le ammissioni di Zuckerberg, ceo di Meta, sulle presunte pressioni ricevute dalla Casa Bianca per censurare alcuni contenuti dei social media, il rapporto internazionale tra politica, giustizia e tecnologia verte sempre più su binari incandescenti. Il fatto che Durov possa essere stato arresto per crimini di “non collaborazione” metterebbe allora a rischio incriminazione tutti i principali ceo delle piattaforme mondiali, da Elon Musk fino a Mark Zuckerberg, per non parlare dei vertici di TikTok e Google. Insomma, il caso Durov e la possibile incriminazione è sì legata ad una singola vicenda ma rischia di trascinare a livello globale un tema tutt’altro che netto e banalizzabile.