La trattativa della Cina con Pfizer per includere il farmaco Paxlovid tra quelli coperti dai programmi di assicurazione medica di base è naufragata. Lo ha annunciato l’Amministrazione cinese per la sicurezza sanitaria, spiegando che le ragioni sono legate alle richieste economiche troppo elevate della casa farmaceutica Usa. Ma proprio sulla questione del prezzo si sta alimentando il dibattito negli Stati Uniti, perché è costoso, eppure non è efficace come inizialmente annunciato. Ne parlano Miloš D. Miljković della Cartesian Therapeutics di Gaithersburg e Vinay Prasad del Department of Epidemiology and Biostatistics, University of California. In un lavoro pubblicato sull’American Journal of Medicine scrivono che «una serie di risultati preliminari suggerisce che Paxlovid potrebbe alla fine risultare inefficace nelle persone vaccinate, o quasi certamente non conveniente», quindi la ridistribuzione della spesa per il Paxlovid verso gli studi clinici avrebbe comportato «un uso migliore dei soldi dei contribuenti».



Il 22 dicembre 2021, infatti, la US Food and Drug Administration (FDA) ha dato il via libera alla combinazione di nirmatrelvir e ritonavir in compresse, confezionata e venduta da Pfizer con il nome di Paxlovid, sulla base dello studio EPIC-HR, che ha coinvolto 2.246 persone tra il 16 luglio e il 9 dicembre 2021, quando però la variante dominante era Delta, mentre Omicron comparve a fine novembre 2021. «Prima ancora che i dati fossero disponibili, l’amministrazione Biden ha ordinato alla Pfizer 10 milioni di dosi di Paxlovid, al costo di 5,29 miliardi di dollari, subordinati all’autorizzazione o all’approvazione della FDA». Una somma che non comprende i costi per la creazione e il mantenimento del programma Test-to-Treat della Casa Bianca – un sistema di farmacie locali che fungono da sportello unico per il test Covid e la fornitura immediata di Paxlovid – e altri programmi per aumentare la consapevolezza e la comprensione di Paxlovid e di altri trattamenti Covid, tra cui un’iniziativa per utilizzare DoorDash per la consegna del prodotto.



“PAXLOVID E MOLNUPIRAVIR, EFFETTO SIMILE”

Il 23 dicembre 2021, invece, la FDA statunitense ha autorizzato l’uso di Molnupiravir, il farmaco anti Covid prodotto da Merck, alla luce dell’analisi ad interim pianificata dello studio MOVe-OUT, di fase 2-3, in doppio cieco, randomizzato, controllato con placebo in adulti non ospedalizzati e non vaccinati con Covid, che ha arruolato pazienti dal 6 maggio 2021 al 10 settembre 2021, in sovrapposizione con EPIC-HR e in un momento di dominanza della variante Delta. La riduzione del rischio di ricovero o morte entro il 29° giorno nel gruppo Molnupiravir rispetto al placebo è stata del -6,8%, un dato simile a quello evidenziato da EPIC-HR per il farmaco Paxlovid di Pfizer. Infatti, la riduzione per quest’ultimo era di ‒6.32%. Un effetto simile, ma in entrambi i casi non era chiaro se questi dati fossero applicabili alla popolazione ampiamente vaccinata ed esposta alla variante Omicron. Lo studio PANORAMIC, randomizzato controllato multicentrico, in aperto, in corso nel Regno Unito, ha confrontato Paxlovid e Molnupiravir in un gruppo prevalentemente vaccinato e con diagnosi di Covid delle varianti attualmente dominanti. Ebbene, tale studio «non ha riscontrato alcuna differenza nell’esito primario di ospedalizzazione per tutte le cause o di morte entro 28 giorni, con un tasso dello 0,8% in entrambi i gruppi». Questi risultati preliminari, riportati finora solo in pre-print, riguardano Molnupiravir, non Paxlovid, visto che non sono ancora noti i suoi risultati. «Supponendo che vi sia una differenza significativa, la massima riduzione assoluta del rischio è limitata dal tasso di eventi riportato per il gruppo di cura abituale, pari allo 0,8%. Nell’ipotesi prudente che il 25% di questi eventi sia un decesso, come nel caso di EPIC-HR, e che la riduzione del rischio relativo del 90% sia valida, più di 550 pazienti dovrebbero ricevere Paxlovid per prevenire un decesso, ovvero circa 36.000 decessi evitati con i 20 milioni di dosi acquistate».



“FARMACO PAXLOVID? UN AZZARDO NORMATIVO”

Ma Miloš D. Miljković e Vinay Prasad sull’American Journal of Medicine scrivono che le circostanze durante l’arruolamento di EPIC-HR sono più simili a quelle di MOVe-OUT che a quelle dello studio PANORAMIC, visto che lo stato di vaccinazione e la variante dominante potrebbero aver giocato un ruolo importante sul tasso di base di ospedalizzazioni e decessi dovuti a Covid. Quindi, ritengono che sia «probabile che Paxlovid sia (in)efficace quanto Molnupiravir rispetto alle cure abituali nel Regno Unito. Se così fosse, i contribuenti americani si ritroveranno con un conto di 10 miliardi di dollari per un farmaco terapeutico che ha più probabilità di nuocere – attraverso interazioni farmaco-farmaco ed effetti avversi – che di aiutare». I due esperti ritengono che quei soldi potevano essere spesi meglio, ad esempio per uno studio, che avrebbe richiesto pochi mesi, per fornire informazioni preziose sull’efficacia di questi trattamenti. Invece il Regno Unito ha sviluppato piattaforme importanti per testare i farmaci in maniera rapida e pragmatica. «La risposta degli Stati Uniti con il Paxlovid mostra una spesa massiccia con prove limitate e nessun tentativo di rimedio in corso. La nostra analisi del Paxlovid suggerisce che si tratta di un azzardo normativo». L’Italia dal canto suo ha acquistato circa 600mila trattamenti per l’anno scorso, ma al 20 giugno solo 20.392 pazienti avevano avuto accesso all’antivirale, mentre un rapporto Aifa segnala che nella seconda metà di novembre solo circa 10mila pazienti sono stati trattati con Paxlovid, che al sistema sanitario nazionale costa 1.980 euro a ciclo di trattamento.