Paxlovid, la pillola anti-Covid prodotta da Pfizer, sarebbe efficace al 90% nel prevenire il rischio di ospedalizzazione e morte in pazienti ad alto rischio. Essa interferisce con la capacità di alcuni enzimi di scomporre le proteine e dunque è capace di impedire a un virus di creare copie di se stesso. I risultati degli studi clinici dimostrano che tali effetti si verificano anche contro le varianti preoccupanti nonché con altri tipi di Coronavirus.
Il più recente studio su Paxlovid è stato condotto, secondo quanto riporta Healthline, su più di 1.200 partecipanti con in corso un’infezione da coronavirus e a rischio di sviluppare una forma grave della malattia. I risultati, che non sono ancora stati sottoposti a revisione paritaria, mostrano che i partecipanti che hanno assunto la pillola antivirale avevano molte meno probabilità di essere ricoverati in ospedale rispetto ai partecipanti che hanno ricevuto pillole placebo. Nel dettaglio, nel primo gruppo non c’è stato alcun morto, mentre nel secondo ce ne sono stati 10. “Questi dati suggeriscono che il nostro candidato antivirale orale, se approvato o autorizzato dalle autorità di regolamentazione, ha il potenziale per salvare la vita dei pazienti, ridurre la gravità delle infezioni da COVID-19 ed eliminare fino a nove ricoveri su dieci”, ha affermato Albert Bourla, presidente e CEO di Pfizer.
Paxlovid, pillola anti-Covid di Pfizer, efficace al 90%: quando verrà approvato?
Paxlovid, la pillola anti-Covid prodotta da Pfizer, sembra essere efficace al 90%, ma prima di approvarla sarà necessario attendere il completamento del programma di sviluppo clinico. A seguito dell’autorizzazione, sarà possibile prescriverla a quelle persone che sono risultate positive al tampone (entro cinque giorni dall’infezione) e che presentano dei fattori di rischio. Lo scorso 4 novembre, in tal senso, nel Regno Unito è stato dato il “via libera” alla pillola antivirale Molnupiravir di Merck, che funziona più o meno allo stesso modo.
“Esse offrono a coloro a più alto rischio di progressione verso una malattia grave un altro modo per ridurre la progressione verso l’ospedalizzazione o la morte. Sono utili specialmente in quei pazienti con malattia sistemica avanzata, post-trapianto o cancro, che potrebbero non sviluppare risposte anticorpali adeguate dopo la vaccinazione”, ha ribadito il dottor Robert Glatter, un medico di emergenza al Lenox Hill Hospital di New York, secondo quanto riportato da Healthline.